Astrid Lindgren

Berlinale 68 – Unga Astrid, di Pernille Fischer Christensen

Lunghe trecce bionde, sguardo impertinente e modo di fare decisamente sopra le righe. La Astrid Lindgren di Pernille Fischer Christensen a prima vista sembra avere molto in comune con il suo personaggio letterario più famoso Pippi Calzelunghe. Ma più che sulla sua carriera letteraria e sul mondo finzionale nato dalla sua penna, la regista danese si concentra sulla giovinezza di Astrid, cercando di cogliere nella sua storia personale quello che l’ha resa una delle scrittrici svedesi più famose.

Cresciuta in una fattoria in una famiglia estremamente tradizionalista e legata alla vita religiosa della comunità locale, Astrid ha sempre assunto un punto di vista critico sulla realtà che la circondava, affermando già da ragazza la sua indole di donna forte e anticonformista. E proprio questo attira l’attenzione del direttore del giornale locale, Reinold Blomberg, che a diciotto anni la assume nella sua redazione, ipnotizzato dal suo straordinario talento nella scrittura. Il loro rapporto diventa sempre più intimo, fino a quando Astrid cede alle avances del suo capo nonostante la notevole differenza d’età e il fatto che lui sia legato ad un’altra donna. Diventa la sua amante e in breve tempo rimane incinta.


Questo evento segna fortemente la vita di Astrid, che appena maggiorenne è costretta a trasferirsi a Stoccolma per portare a termine la gravidanza lontano dagli occhi indiscreti della sua comunità d’origine. La nascita del piccolo Lasse, che per i primi anni della sua vita resta in Svezia ospite di una casa famiglia, porta Astrid a diventare una donna e una mamma prima del previsto, ma allo stesso tempo stimola il suo immaginario e la sua capacità di inventare fantastiche storie per bambini.

La vita imita l’arte quanto l’arte imita la vita nel film di Pernille Fischer Christensen, che sceglie di narrare tutto quello che non è stato mai detto su Astrid Lindgren, entrando con garbo ed eleganza anche negli aspetti più privati della sua vita. I contorni dei suoi personaggi, così forti e indipendenti nonostante la loro età, si sfumano nell’immagine di una giovane donna, che nella Svezia degli anni Venti deve fare i conti con una società estremante conservatrice, che punisce l’adulterio con la prigione e stigmatizza la libera scelta di avere dei figli fuori dal matrimonio e allo stesso tempo continuare a lavorare per realizzare le proprie aspirazioni. Astrid Lindgren ha anticipato i tempi, infranto le regole e vissuto seguendo le proprie passioni, e il film di Pernille Fischer Christensen riesce a tracciare un ritratto fedele della sua personalità, aprendo delle porte sulla sua arte che fino ad ora sono rimaste appena socchiuse.