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Star Wars: Il risveglio della forza – J.J. Abrams

Un fan di Star Wars credeva di non dover mai affrontare certe cose nella propria vita e tra queste c’è la scrittura della recensione dell’Episodio VII visto in anteprima; non perché non voglia, ma perché la difficoltà nel farlo sarebbe molto più grande del piacere provato durante la visione. La saga stellare ha formato e forgiato la sua come quella di molte altre personalità: scegliere un lato della una forza invece che un altro è una tra le metafore di vita più completa ed esaustiva. Non è, infatti, solo una questione di battaglie stellari a bordo di caccia, droidi teneri e spade laser.

Per provare a scrivere un pezzo esaustivo e non guidato dalla pancia, lo smembrerò in tre momenti, quelli che hanno caratterizzato la mia visione del film.

Primo momento: seduta in sala indossando gli occhialetti 3D (per una volta usato con coscienza e giustificabile). La semplice scritta della Galassia lontana lontana… inizia a far venire la pelle d’oca e il ritorno dei protagonisti della trilogia originale (con droidi nuovi e vecchi, teneri e familiari come non mai) commuove fino alle lacrime. Lungi dallo scadere in sentimentalismi, anche i parallelismi scenici, scenografici, di montaggio, di storia, di costumi e fotografia e gli effetti speciali ben dosati (e non protagonisti assoluti della storia, al punto da viziarla) dissetano un animo pretenzioso di dettagli e i dialoghi frizzanti stemperano al punto giusto la tensione su una nuova guerra in corso. I non detti stuzzicano al punto giusto la curiosità e non pochi sono gli interrogativi lasciati in sospeso. L’insieme lascia ben sperare su un coerente sviluppo dei successivi episodi.

Star Wars: Il Risveglio della Forza

Secondo momento: in metropolitana appena uscita dal cinema. Perplessità è la costante delle reazioni a caldo. Troppe sono le note dolenti che durante la visione l’emozione e l’entusiasmo non hanno lasciato emergere. Una su tutte la scelta del cattivo di turno. Kylo Ren non convince, pur nella sua embrionale forma di cattiveria e pur essendo il suo un percorso di crescita oscura intimo e disperato, giovane e bisognoso di una guida. Non possiede quell’aura di terrore che il semplice motivetto della marcia imperiale suscitava. Non chiaro il progetto che vuole portare avanti, forse perché ancora è una semplice pedina nelle mani di un giocatore esperto e più forte. Adam Driver, poi, non incide per espressività e rigore interpretativo. Guardando alla sceneggiatura, sorge il dubbio che l’episodio non si il VII ma un IV bis, un reboot bello e buono: i parallelismi che durante la proiezione avevano emozionato risultano eccessivi e il ritmo della storia appare troppo simile agli episodi precedenti.

Terzo momento: la mattina del day after. A mente fredda il quadro si delinea più chiaramente e il giudizio si stempera in considerazioni più obiettive e meno viziate dal trasporto emotivo: Star Wars: Il risveglio della forza non è un nuovo capitolo della saga. È un film che parla alle nuove generazioni (non è un caso che la Disney stessa dichiari sin da subito che per capirlo e apprezzarlo “si può anche essere ignari di tutti gli episodi precedenti”) che si sono cibate di quella cultura pop inevitabilmente influenzata da Star Wars ma che non sono nate con esso, e per questo si entusiasmano con una storia fitta di citazioni, rimandi e parallelismi che, tuttavia, non hanno un legame logico con gli eventi degli episodi passati. Una generazione è, allora, la protagonista dell’Episodio VII: la parabola dei vecchi personaggi è finita. Ne sta iniziando una nuova, caratterizzata da diversi sentimenti e modi di approcciarsi alla vita: in questo convincono i personaggi. Lo Stormtrooper traditore Finn (John Boyega) dimostra che c’è sempre la possibilità di scegliere nonostante il potere della forza; Kylo Ren approfondisce un modo di nuovo di approcciarsi alla forza, non pervasiva e totalizzante ma difficile da controllare e contraddittoria pur nel suo fascino di potere; Rey (Daisy Ridley) porta alla ribalta un personaggio interessante, ben interpretato e… donna. In realtà Star Wars: Il Risveglio della forza potrebbe essere considerato, per certi versi, un film femminista ma non mi piace virare il mio giudizio verso tematiche ideologiche troppo forti. La regia, infine, ammicca con lungimiranza al passato, l’unica scelta che J.J. Abrams avrebbe potuto compiere per rimanere coerente con il tono di futuro nel passato che si è voluto dare al film.

Star Wars: The Force Awakens

I sentimenti contrastanti che hanno caratterizzato il secondo momento, pur se non annullati, vengono mitigati. Un’attesa così grande corre sempre il rischio di una delusione, inevitabile anche se il film fosse stato diverso. Diverso? Come? Forse questo era l’unico modo di tornare con Star Wars. Insieme a Han Solo siamo tutti tornati a casa. Tutto sta a vedere se avremo la voglia di rimanerci.

Big Hero 6, di Don Hall e Chris Williams

San Frantokyo è una città immaginaria, un mash-up tra due dei principali poli culturali della nostra contemporaneità: Stati uniti d’america e Giappone. Con una astuta mossa di marketing, dopo il primo passo già fatto con Ralph Spaccatutto, la Disney per il suo nuovo film torna a guardare dall’altro lato del pacifico (e ad un pubblico più specificamente maschile) fondendo quelle due realtà che sono riferimento del nostro immaginario comune, e ne fa da sfondo per raccontare una storia che, a discapito delle apparenze, nonostante robot e protagonisti dai connotati asiatici, si basa su una figura simbolo dell’american way più puro: il supereroe. Era solo questione di tempo prima che la Disney, dopo aver acquisito i Marvel Studios, si rendesse conto di avere in casa un enorme quantità di materiale a cui attingere.

Stupisce comunque la scelta di un misconosciuto gruppo dalla scarsa fortuna editoriale quale i Big Hero Six, personaggi inventati sul finire degli anni novanta dalla penna di Steven T Seagle, come comparsa sulla storica testata Alpha Flight, che hanno avuto solo un paio di effimeri tentativi di lancio con due serial personali, scritti da nomi sicuramente noti ad ogni lettore degli Xmen: Chris Claremont e Scott Lobdell. Si tratta di materiale del tutto inedito in lingua italiana (per chi fosse curioso l’unica apparizione pubblicata dalla Panini è come guest-star su l’uomo ragno 589), ma quello che esce fuori dal film d’animazione Disney è comunque una storia decisamente differente rispetto alla controparte cartacea.

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Hiro Hamada è un ragazzo problematico, enfant prodige della cibernetica così come il fratello maggiore Tadashi, che ha da poco terminato il suo progetto di un robot che svolga la funzione di Operatore Sanitario Personale. Le fattezze del robot, rinominato Baymax, sono buffe e rassicuranti. Le sue forme morbide ed essenziali sono perfettamente in linea col successo degli altrettanto semplici Minions della Dremworks e con un protagonista storico dell’animazione giapponese quale Doraemon. E’ una novità invece la gamma espressiva del personaggio, ridotta ad una virtuosa mono-espressione che riesce proprio per il suo (solo) apparente distacco misto a goffaggine a far breccia nel pubblico già dal primo sguardo.

A seguito di un esplosione che causa la morte di Tadashi, il giovane Hiro intraprende una caccia al colpevole assieme agli amici del fratello provenienti da una sorta di MIT fantascientifico, non a caso simile a quello presente nei fumetti dell’Uomo Ragno scritti da Dan Slott, e soprattutto da Baymax che gli farà da coscienza. E proprio nella crescita morale di un Hiro, spinto dal lutto a creare un super-gruppo tecnologico come i Big Hero Six sta il cuore del film. La sua battaglia personale è giocata nel non cedere alla vendetta contro un nemico che invece è la sua antitesi, ovvero un uomo che dopo aver perso la figlia è cascato nella trappola dell’odio.

Uno scenario supereroistico ampiamente sviscerato nei fumetti: potere e responsabilità usata a fin di bene, contrasto morale e successiva superiorità nei confronti del male. D’altro canto Stan Lee, creatore del mito e uomo immagine Marvel, fa da nume tutelare alla pellicola con una divertente scena post-titoli di coda. Rimangono invece purtroppo sacrificati gli altri personaggi che fungono da colorato contorno semplicemente abbozzato. Nonostante qualche piccolo difetto, La Disney di Lasseter riesce a realizzare con Big Hero Six un film che piacerà a tutti e che non può non piacere. Sempre più vicina allo spirito Pixar, non riesce però a fare a meno dei calcoli di mercato abilmente studiati a tavolino e a sostituirli con un pizzico di cuore in più.

Marco Nicoli

Romics 2014: Edizione d’autunno

Si è conclusa ieri l’edizione d’autunno di Romics, la manifestazione dedicata al fumetto, all’animazione, al cinema e ai videogames, ricca come sempre di eventi speciali, per il grande pubblico e come per gli addetti ai lavori, con proiezioni cinematografiche in anteprima, incontri con autori internazionali e competizioni in cui i coloratissimi cosplayer si sono scontrati a colpi di cartapesta.

Un’orda di supereroi mascherati, orchi, alieni e geishe succinte, saltati fuori dalle pagine dei fumetti più amati dai teenager, ha invaso la Fiera di Roma, trasformandola nel tempio della fantasia, in cui ognuno può essere il personaggio che desidera, almeno per una manciata di giorni. Non c’è limite al trucco e all’immaginazione, i costumi sono sofisticati e iperrealistici e in questa realtà parallela dove si salta avanti e indietro nel tempo tutto è concesso, dai tornei di scherma storica alle parate di robot fantascientifici. Ed è impossibile non farsi travolgere da questo coloratissimo esercito di creature surreali, che sciamano attraverso gli stand della fiera, pavoneggiandosi davanti ai flash dei fan, mentre sfogliano le novità fumettistiche e gustano improbabili specialità nipponiche.

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Tuttavia, nonostante il fascino perverso che esercitano i cosplayer sul grande pubblico e lo stuolo dei curiosi che attirano, non bisogna dimenticare che il Romics è soprattutto una manifestazione dedicata al mondo del fumetto nel suo complesso, che associa al mero intrattenimento una serie nutrita di mostre e conferenze in cui le case editrici presentano le novità editoriali e ospitano autori italiani e internazionali. Quest’anno è toccato all’effervescente matita spagnola Enrique Fernández, autore di numerosi storyboard di lungometraggi animati e di graphic novel uniche nel loro genere, sospese in mondi fantasmagorici e scenari incantati, come Aurore, L’isola senza sorriso e Il Mago di Oz. L’autore, ospitato da Tunué, ha incontrato il pubblico, omaggiandolo di disegni originali, ed è intervenuto nella conferenza Storyboard: una sceneggiatura per immagini… e non solo.

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Oltre alle tavole di Fernández, la kermesse ha accolto nel suo spazio espositivo le meravigliose opere dei Romics d’Oro, tra cui gli straordinari acquerelli originali di Lele Vianello, le illustrazioni fantasy di Luca Enoch, e le tavole originali di Stefano Babini, oltre alla singolare Mostri e Alieni orrorifici: … Altri Occhi ci Guardano, una rassegna di mostri, alieni e esseri straordinari nelle illustrazioni e nelle copertine dei pulp fantastici dagli anni ’30 agli anni ’50. Creature stravaganti e terribili, inquietanti e inconsuete provenienti dallo spazio profondo e dalle tenebre di una remota antichità nell’immaginario dei grandi illustratori della letteratura popolare.

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L’universo Disney ha colorato l’intera manifestazione con la presentazione del suo Wizards of Mickey, la saga a fumetti fantasy con protagonisti Topolino, Paperino e Pippo, e della cover variant lenticolore di Topolino 3071, dedicata alla parodia del classico della letteratura, con il titolo Lo strano caso del dottor Ratkyll e di mister Hyde, di Bruno Enna e Fabio Celoni. Inoltre, l’artista disneyana Silvia Ziche ha incontrato il pubblico, nell’ambito del progetto Officina del Fumetto e della Multimedialità, per il lancio in anteprima del volume Papernovela vs. Topokolossal.

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Il fumetto ha incontrato il cinema nella proiezione in anteprima di Sin City 3D – Una donna per cui uccidere, l’attesissimo adattamento cinematografico della graphic novel firmata da Frank Miller, a cui è stato dedicato un evento speciale lo scorso 15 settembre, in cui i registi Frank Miller e Robert Rodriguez hanno ricevuto il premio Romics D’Oro Special e incontrato il pubblico dopo la presentazione della pellicola alla stampa. In chiusura della manifestazione e in attesa dell’edizione di aprile è stato proiettato in anteprima Maze Runner – Il labirinto, il nuovo film di fantascienza tratto dalla trilogia Il labirinto di James Dashner e diretto da Wes Ball.