DreamWorks

Kung Fu Panda 3, di Alessandro Carloni

Il 17 marzo, dopo 5 anni di attesa, “Kung Fu Panda” torna con il terzo capitolo, e lo fa trascinandosi dietro decine di nuovi personaggi, decine di orsi bianchi e neri che conquistano gli spettatori con la loro esuberanza e goffaggine.

Il terzo capitolo della saga cerca di far quadrare il cerchio facendo salire a Po l’ultimo gradino dell’interminabile scala che lo vuole maestro di kung fu, ma il ruolo sembra cucito male per il corpo pingue e peloso del giovane panda e preannuncia disastri e guai. In più, Po si trova faccia a faccia con il proprio padre biologico, più panciuto e goffo di lui, che lo accompagna alla ricerca delle proprie origini nel paradiso perduto dei panda.
Solo queste premesse basterebbero per far sviluppare il film intero, ma la DreamWorks ha pensato bene di non far mancare l’elemento per eccellenza: il nemico. E questa volta l’antagonista non viene da qualche remota regione della Cina, ma dal lontano regno degli spiriti, dove è stato confinato dal maestro Oogway, la saggia testuggine, 500 anni addietro.

Il percorso di Po, dunque, è più ripido del previsto, la montagna che deve scalare è fatta di frane e passi falsi, non ultimo quello di volersi trasformare in un Maestro del kung fu lasciando indietro la propria personalità, il proprio unicum. Un passaggio, questo, che investe l’intera combriccola di panda, i cinque cicloni, lo stesso Maestro Shifu e lo spettatore, chiamato in causa per riscoprire la propria personalità e trasformarla in un punto di forza. Non importa, infatti, che si sia fuori forma, si sia goffi o bonaccioni, ciò che conta è l’autocoscienza, il ‘gnothi seauton’ dei greci, per cui la consapevolezza di sé, compresi i propri limiti, è un passo fondamentale per arrivare in vetta. Il viaggio verso questa meta non è compiuto dal solo Po, non è una rotta solitaria ma un cammino che si popola di ogni personaggio del film, un’evoluzione condivisa.

Altro tema importante sviluppato in questo terzo capitolo di “Kung Fu Panda” è la famiglia. La DreamWorks si tuffa con agilità e grazia in questo argomento, affiancando all’oca Mr. Ping, papà protettivo, il goffo ed esuberante Li Chan, papà biologico. Due padri, dunque, che si contendono l’amore di un figlio senza capire che questi ha affetto sufficiente per entrambi, che le radici biologiche e la casa adottiva non entrano per lui in conflitto. Ognuno di questi elementi forma la personalità di Po, ogni padre è il riflesso del figlio, anche se l’uno è nero e bianco e l’altro piume e becco.

kung fu panda3

Unica pecca del film è la scarsa caratterizzazione del nemico. Kai, questo il nome del villain, animato dalla voglia di sottrarre ai maestri di kung fu il proprio Chi, non nutre altro scopo se non quello di essere ricordato, di diventare una leggenda. Al lato oscuro e minaccioso se ne affianca uno ironico, ma la scena gli è sottratta più volte dal panda Po e dai suoi compagni, meglio caratterizzati e portatori di valori più profondi e condivisi. Nulla di nuovo sotto il sole dell’antica Cina, insomma.

Questo ultimo capitolo della saga ha potuto contare sull’apporto fondamentale degli artisti e consulenti cinesi della Oriental DreamWorks, che hanno collaborato con la sede di Glendale in California, consentendo di sviluppare dettagli più accurati, dai paesaggi agli abiti, e di realizzare una seconda versione del film, in cui i personaggi sono animati in maniera tale che il loro labiale sia in sincrono anche in cinese mandarino. Insomma, una collaborazione tra continenti che ha dato vita ad un “Kung Fu Panda 3” spettacolare e divertente, che alterna computer grafica e disegni vecchio stile, sempre molto apprezzati.
Un valore in più al film in lingua originale è dato dal cast di doppiatori famosi che lo popolano e animano. Da Jack Black che dà la parola al protagonista ad Angelina Jolie che veste i panni di Tigre, a Dustin Hoffman che è voce del saggio Shifu. In questo capitolo, poi, si aggiunge anche la risata di Bryan Cranston, conosciuto per il ruolo di Walter White di “Breaking Bad”, che indossa i panni del goffo e simpatico padre biologico di Po, Li Shan.
Infine “Kung fu panda 3” ha un’impronta italiana di valore. Ad affiancare la regista storica della saga, Jennifer Yuh Nelson, c’è Alessandro Carloni, trentottenne bolognese che ha stabilito la propria dimora negli studi DreamWorks californiani. Un motivo più, insomma, per non perdersi il terzo capitolo della saga, per un’ora e mezza di spensierata allegria alla riscoperta della propria forza interiore.