Spirit è Will Eisner. Impossibile affidarlo a mani che non siano le sue. Non tanto per referenzialità o per una inscindibile personificazione dell’autore nella propria creatura, quanto per l’unicità di un modo di raccontare. Il giustiziere vestito di blu, dopo i primi passi da semplice avventuriero pulp, si è indubbiamente trasformato nel veicolo di Eisner per sperimentare strutture narrative totalmente proprie e fuori dai canoni, nuove ed avulse dalle caratteristiche di un personaggio dalle poche sfumature, diventando così semplice pretesto per racconti di ogni genere. Un banco di lavoro insomma.
Spirit equivale quindi al modo di raccontare di Eisner, alla rievocazione del mito. Anche se, chiamando a raccolta alcuni tra i migliori autori americani in circolazione, non poteva che essere un esperimento fallimentare in partenza. Nel peggiore dei casi una vuota imitazione, nel migliore un qualcosa di profondamente diverso. Ciò nonostante l’importanza storica del personaggio non ha mai fatto tirare indietro l’industria del fumetto dal tentativo di provarci. L’aurea di mito che circonda il nome Spirit garantisce interesse e va giustamente alimentata.
Tra i vari tentativi di revival, quello del 1998 uscito sotto forma di antologia di storie brevi dal titolo “Le nuove avventure di Spirit”, pubblicato per la prima volta integralmente in una pregevole edizione cartonata da PaniniComics, è probabilmente quello più interessante per via degli altisonanti nomi coinvolti. Kurt Busiek, Mike Allred, Paul Chadwick, Joe Lansdale e Paul Pope fanno però quello che prevedibilmente ci si aspetta da loro e cascano nella trappola dello sterile omaggio al pulp. A volte ironico, a volte surreale, sempre ben disegnato, ma comunque dal netto sapore di riempitivo.
Non stupisce invece la perfetta prova di Alan Moore (in coppia con il fidato Gibbons), che realizza ben quattro storie brevi, sfornando la sua solita classe e capacità di comprensione del media fumetto. Ottimo il suo lavoro mimetico, dove l’autore si cala alla perfezione nei meccanismi Eisneriani partendo direttamente dal mito delle “origini” del personaggio e del suo principale nemico: Octopus. Una serie di scatole cinesi e di giochi visivo/narrativi di rara eleganza, preambolo di quello che sarebbe diventato anni dopo il suo Greyshirt, che per quanto estremamente calcolati e “freddi” valgono da sole il prezzo del biglietto, compreso un lirico epilogo ambientato in un lontanissimo futuro, dove emerge tutta l’arte letteraria del bardo di Northampton.
Promossi anche Neil Gaiman, John Wagner e Eddie Campbell (qua anche in veste anche di scrittore), che cogliendo appieno il gioco di raccontare attraverso Spirit le sciagurate vite altrui – non importa che esse siano personaggi con la testa tra le nuvole, predestinati o semplici oggetti (in)animati – bilanciano verso il segno positivo il giudizio globale di questa antologia.
M.N.