Sette giorni. Il telefono squilla e poi è la fine. Non c’è un luogo abbastanza lontano in cui scappare, Samara ti troverà e ti ucciderà senza pietà. E poco importa se le videocassette non sono più di moda, Samara sa adeguarsi alle nuove tecnologie ed è disposta a tutto pur di consumare la sua vendetta. Sono passati molti anni da quando la ragazzina con il viso coperto da lunghi capelli neri e il corpo in costante decomposizione è stata sputata fuori dall’ultimo televisore a tubo catodico, e da allora non si è più sentito parlare di lei, ma la sua fame di sangue non si è placata e il misterioso video che invia alle sue vittime continua a fare il giro del mondo, in formato digitale però. Ed ecco servito The Ring 3, terzo capitolo della saga iniziata nel 1998 dal regista giapponese Hideo Nakata, e poi esportata negli USA con il remake del 2002 diretto da Gore Verbinski, e il sequel del 2005 dello stesso Nakata, che hanno trasformato Samara in una vera e propria icona del cinema horror.
Questa volta il video della morte capita nelle mani del professor Gabriel Brown (Johnny Galecki), che ne diventa a dir poco ossessionato, al punto da farlo diventare materia del suo corso di studi pur di comprendere la natura di quelle immagini inquietanti. Il video viene visto da decine di studenti e le tragiche conseguenze del folle gesto del professore non si fanno attendere. Quando Holt, uno dei suoi studenti migliori, scompare misteriosamente, Julia, la sua fidanzata inizia a cercarlo disperatamente e, dopo aver scoperto la terribile storia legata al video, si mette sulle tracce di Samara, o di ciò che ne rimane dopo la sua morte, per liberare la sua anima tormentata dalla maledizione. Come Orfeo si getta nelle fauci dell’inferno per salvare Euridice, così Julia è disposta a tutto pur di salvare Holt, persino ad entrare nell’inferno personale di Samara e della donna che l’ha data alla luce. Ma si sa, chi si immischia nelle questioni del demonio non ne esce mai illeso, e anche Julia finisce per portare a casa le ferite oscure della sua battaglia.
Ma perché F. Javier Gutiérrez ha aperto una tomba chiusa da tempo per riportare in vita un demone obsoleto come Samara? Certo, il secondo capitolo della saga apriva la strada a nuovi e inquietanti sviluppi, ma è anche vero che tra remake, prequel e sequel la storia di Samara è già stata sviscerata in abbondanza e anche il video killer, che nel primo film rappresentava una spaventosa novità, ormai ha smesso di far paura, diventando quasi un tormentone. Al punto che rivederlo, più che un sano orrore, riesce a suscitare quasi la piacevole sensazione di incontrare un vecchio amico, perso di vista da tempo. E per quanto Gutiérrez si sforzi di andare la storia nota a tutti e introdurre elementi nuovi nella vicenda, rimane inevitabilmente intrappolato tra le grinfie di un mostro che non ha più nulla da raccontare, e che forse sarebbe stato meglio lasciare al suo riposo eterno.