In Den Gängen

Berlinale 68 – In den Gängen, di Thomas Stuber

La poesia in un supermercato. In den Gängen potrebbe essere riassunto in questa semplice frase. Perché anche in un supermercato, tra gli scaffali affollati, il frastuono dei muletti e i clienti che sciamano senza sosta si può trovare la bellezza e Thomas Stuber è riuscito a mostrala. Nel suo film i muletti danzano a ritmo di valzer e tra i cigolii un orecchio attento riesce quasi a percepire il rumore dell’oceano, che culla gli impiegati nella loro routine straniante e accompagna i loro fugaci incontri durante le pause caffè.

Al centro della vicenda c’è Christian che, dopo aver perso il suo lavoro come muratore, inizia a lavorare come addetto al muletto del reparto bevande in un supermercato. Un lavoro come tanti, catturato quasi per caso, che però nella sua semplicità riesce a cambiargli la vita. I suoi colleghi diventano la sua famiglia, i suoi mentori e gli affetti più cari, e più di tutti Marion, la bella responsabile del reparto dolciumi, riesce a calamitare la sua attenzione. Dopo tutto l’amore, proprio come la bellezza, spesso si trova nei luoghi più impensabili, là dove nessuno si preoccupa di guardare.

Ed è proprio questo che si è preoccupato di fare Thomas Stuber, andando ad indagare il mondo degli invisibili, allineati dietro un camice blu, identificati con una sequenza numerica, ma talmente pieni di poesia da riuscire a far scaturire il bello dal brutto. Stuber con la sua lente privilegiata è riuscito in questa impresa, affidandosi al potere dell’immagine, della musica, ma soprattutto dell’essere umano, in grado di convogliare i sentimenti più profondi anche in uno sguardo privo di parole. E anche se la sua rappresentazione della realtà è estremamente concreta, legata in ogni istante alla vita quotidiana dei suoi personaggi e alla loro routine, paradossalmente il suo realismo trascende nella magia, e il mondo che disegna si anima in una coreografia di cose e persone che si intrecciano sullo sfondo di un grigio supermercato della provincia tedesca. E non c’è nulla più bello.