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Jane Austen, di Manuela Santoni

Io ero negata in tutto. Ero la disperazione di nostra madre. Ma quando papà mi diede le chiavi della sua biblioteca il mio cuore si riempì di gioia. In mezzo a tutti quei libri! Non vedevo l’ora di leggerli tutti! In essi finalmente trovai la libertà. Con loro potevo essere in ogni luogo e in ogni tempo.

Ci sono donne per cui la ricerca dell’amore è l’essenza stessa della vita. Sin da piccole si impegnano per imparare l’arte sublime della seduzione del principe azzurro e tutto ciò che serve per diventare un giorno dei perfetti angeli del focolare. E questo vale oggi così come valeva nell’Ottocento di Jane Austen, anche se ci si acconcia i capelli in maniera diversa, non si balla più la quadriglia e il ricamo non è più così in voga. Poi ci sono donne che non cercano qualcuno che le completi, perché sono già complete in se stesse, né si sforzano di assecondare le aspettative degli altri, perché per loro ciò che conta è ascoltare quello che gli suggerisce il cuore. Jane Austen è una di loro, una donna libera, anticonformista, che si trova più a suo agio tra i libri che nelle sale da ballo, e vola più in alto con l’immaginazione che in una piroetta tra le braccia di un bel cavaliere.

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Per questo il momento della giornata che Jane ama di più è quando si spengono le luci sulla sua casa, le imposizioni si quietano e, non vista, può sciogliersi i capelli e correre in biblioteca, dove infiniti mondi aspettano di essere scoperti. Ed è proprio in questo istante che la fotografa Manuela Santoni, mentre è immersa nelle sue letture preferite e combatte per sfuggire al ruolo che le viene costantemente imposto da un mondo ancora troppo indietro rispetto al suo pensiero. Jane corre veloce, vola lontano, mentre gli altri restano a terra, compresa sua sorella Cassandra che, pur essendo dotata di una grande sensibilità per l’arte, non riesce  a seguire il passo della sorella. Jane è scapigliata mentre Cassandra è sempre composta, sa come comportarsi in società e come compiacere i suoi genitori. Ed è proprio il confronto con la sorella che aiuta Jane a scoprire la sua identità, quello per cui è nata e che la renderà un’eroina del suo tempo.

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Come per le sue coetanee anche per Jane l’amore è importante, certo, ma la scrittura lo è di più. Quando conosce Tom Lefroy, il brillante nipote di alcuni vicini di casa, Jane viene immediatamente rapita da lui. Questo ragazzo così diverso da tutti gli altri, che ammira il suo intelletto oltre che la sua bellezza e la sfida a colpi di letteratura, entra subito nel suo cuore e nella sua fantasia, diventando una delle principali fonti d’ispirazione per i suoi romanzi.

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Ad oggi non si sa molto sulla vita di Jane Austen, in particolar modo del suo rapporto con l’amore, visto che la maggior parte della sua corrispondenza privata è andata perduta, ma la fumettista Manuela Santoni ha provato a immaginare proprio gli anni perduti della scrittrice, la sua passione bruciante per i libri e il suo desiderio di emancipazione, ma anche le sue emozioni più segrete. I tratti svelti di china, con semplicità ed eleganza hanno ritratto Jane nei sui momenti privati, trasformando i suoi pensieri in immagini morbide, fluide, in costante movimento. Accompagnata dalla postfazione di Mara Barbuni, direttrice di Due pollici d’avorio, la rivista letteraria della Jane Austen Society of Italy, la talentuosa Manuela Santoni ha ricostruito il non detto compensando le lacune della storia di Jane Austen con la fantasia in un ritratto vibrante e appassionato, svelando la ragazza ribelle che si nasconde dietro la scrittrice più famosa di tutti i tempi.

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Titolo: Jane Austen
Autrice: Manuela Santoni
Editore: BeccoGiallo
Pagine: 114 b/n, cartonato
ISBN: 9788899016470

PPZ – Pride + Prejudice + Zombies, di Burr Steers

Londra è in cenere. Un fiume di sangue circonda la città mentre orde di zombie putrescenti si spingono sempre più violentemente verso la placida campagna. Quello che un tempo era un paradiso bucolico, turbato a malapena dal frivolo chiacchiericcio dei salotti durante il tè pomeridiano e dai balli, ora è un inferno in terra. Gli zombie sono ovunque, hanno fame di cervelli come le fanciulle di mariti. Entrano nei palazzi, nelle chiese, attaccano le carrozze dei nobili e le capanne dei contadini senza fare distinzioni di sorta, seguendo unicamente l’istinto di nutrirsi di carne umana.

Da quando i non morti hanno fatto irruzione sulla scena tutto è cambiato nella vecchia Inghilterra regency e le fanciulle sono state costrette a pulire i moschetti mentre sorseggiano il tè, hanno imparato a combattere per sopravvivere e infilare i coltelli nel reggicalze con estrema maestria. Le cinque sorelle Bennet sono le più abili con le armi di tutta Netherfield, hanno studiato le arti marziali cinesi e si allenano da mattina ad uccidere zombie, invece di dedicarsi alla nobile arte di agghindarsi come bambole di porcellana per cercare marito. Ma non tutto è perduto, perché uno degli scapoli più ricchi in circolazione, il signor Bingley, ha messo gli occhi sulla sorella più grande, Jane, e il suo caro amico Darcy è rimasto profondamente colpito dalla tecnica di combattimento della bellissima Elizabeth, che però non osa cedere a nessun corteggiatore in attesa di trovare l’uomo giusto, che non gli chiederà mai di abbandonare la spada per un anello.

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Nonostante l’apocalisse zombie abbia portato dritto all’inferno Orgoglio e Pregiudizio, Burr Steers segue l’esempio di Seth Grahame-Smith, dal cui romanzo Pride and Prejudice and Zombies è stato tratto il film, e lascia invariato lo spirito dei personaggi ma gli mette alle calcagna orde di zombie affamati. A prima vista il mondo di pizzi e crinoline dipinto da Jane Austen sembra intatto, nei costumi come nel linguaggio, ma ad uno sguardo più attento non si può fare a meno di notare che l’alta borghesia ottocentesca gronda sangue da tutte le parti.

Ed è proprio da questo bizzarro pastiche di generi letterari in cui horror, commedia e romanticismo d’altri tempi si fondono alla perfezione che nasce Pride + Prejudice + Zombies, che condensa il romanzo di Seth Grahame-Smith accentuando l’aspetto comico della vicenda e smorzando le sequenze splatter. Un vero peccato se si considera che è proprio nell’irruzione dell’orrore in un’opera insospettabile che si trova l’intuizione di Grahame-Smith, nei combattimenti paradossali e nella brutalità degli zombie che viaggiano in carrozza in abito di seta. Burr Steers invece edulcora la scena, e si concentra sull’intreccio amoroso tra la ribelle Elizabeth e lo scapolo d’oro Darcy, mettendo curiosamente in primo piano Mr. Collins (Matt Smith), l’ossessivo pretendente di Elizabeth che, se nell’opera della Austen era relegato a un ruolo marginale, qui è il fulcro della comicità di tutta l’opera e probabilmente il personaggio più riuscito. Gli ingredienti giusti ci sono tutti, commedia, azione, amore e sangue quanto basta, ma Steers perde l’occasione di realizzare un film memorabile, originale e brillante come il romanzo che l’ha preceduto.