Jeremy Piven

Sin City 3D – Una donna per cui uccidere

Benvenuti nella città del peccato, dove l’aria è pesante di alcol e polvere da sparo, e dove la vita vale meno di niente. I vicoli della città vecchia sono il regno delle prostitute, che difendono il loro territorio armate fino ai denti, mentre i locali di infima categoria sono il luogo in cui la feccia in circolazione si ritrova per giocare d’azzardo, mentre si consuma gli occhi sui corpi sinuosi delle ballerine seminude. Nancy Callahan era la più bella, amava ballare ed era famosa per la sua danza fluida e sensuale, ma ora ha perso la testa. Hartigan, l’unico uomo che abbia mai amato, si è tolto la vita a causa del Senatore Roark e del suo figlio deforme, il bastardo giallo, e ora il suo fantasma non trova pace. La segue ovunque per vegliare sulla sua coscienza infranta e contenere la fame di vendetta che le sarebbe letale. Il Senatore merita di pagare per tutto il male che ha procurato alla città, ma la sua testa non alla portata del mirino di Nancy. Uno stuolo di scagnozzi spietati non lo abbandona neanche per un istante, ed è pronto a versare sangue innocente ad un solo cenno dell’uomo più potente di Sin City e Nancy non ha il coraggio di premere il grilletto. La pazzia la consuma dall’interno, mentre l’alcol e l’insonnia fanno il resto, frantumandole la mente e lasciando sempre più spazio a una fantasia di morte.

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Nella città del peccato non esiste giustizia per i torti subiti, e il coraggio non basta a scalare le vette di una società corrotta e marcia dall’interno, che si nutre dei cadaveri di chi, per sua sfortuna, la attraversa anche solo per una notte. Una delle tante vittime della città maledetta è Johnny, un baldanzoso giocatore di poker, che osa sfidare il Senatore al tavolo da gioco, con al seguito la sua ballerina portafortuna dalla pelle di porcellana e le labbra carminio. La partita a scacchi con la morte ha inizio. Le tenebre lo inseguono per le strade della città, si nascondono dietro ogni angolo e puniscono il suo peccato di hýbris verso un uomo accentratore e la sua città inconquistabile, che protegge gelosamente il suo squallido microcosmo e non conosce altra lingua se non quella del sangue.

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Chiunque sia entrato almeno una volta a Sin City ne ha succhiato voracemente il veleno e si è trasformato in una delle sue creature. In un posto come questo, anche l’anima più pura si vende al diavolo in cambio di potere e di protezione e mette in gioco tutte le armi che possiede per restare in vita. La bellezza è la dannazione di Ava Lord, una creatura più simile a una dea che a una donna, che fa il bagno al sorgere della luna e fa risplendere il suo corpo nelle luci argentee della notte. Il suo corpo è la sua arma più potente, con le curve perfette del seno e gli occhi verdi, che incantano gli uomini come fanno le sirene con i marinai, li incatenano e li assoggettano a ogni suo volere. Ava è una donna per cui qualunque uomo ucciderebbe, con il miraggio di possederla anche solo per una notte. Dwight Mccarthy è la sua marionetta, un uomo distrutto dall’amore per un mostro da cui non riesce a liberarsi. Sono passati quattro anni da quando Ava lo ha lasciato per l’uomo più ricco di Sin City, e l’alcol e la rabbia incontrollabile hanno tenuto a bada i suoi mostri interiori per un po’, ma quando lei riappare nella sua vita, il grigio lascia il posto al verde tagliente dei suoi occhi, l’amor proprio si annulla e Dwight risale sulla sua giostra mortale, tanto affascinante quanto pericolosa.

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Il sangue scorre a fiumi e fa da contrappunto al bianco e nero in cui è immerso l’intero universo di Sin City. Questo è il suo tratto distintivo: una notte perpetua in cui le morti si susseguono instancabilmente, intervallate solo dal calore delle labbra rubino delle femme fatale che tengono la città in pugno. Sono passati nove anni da quando per la prima volta questi personaggi sono usciti dalle pagine della graphic novel di Frank Miller per raccontare le tragiche storie sul grande schermo, e ora raccolgono le ceneri di ciò che erano. Vite brevi, spezzate prematuramente o segnate dalla violenza, che ora sono giunte al punto massimo di decadimento. Nancy ha perso la grazia e la lucidità e barcolla sul palcoscenico in preda alle allucinazioni meditando vendetta, Dwight vaga come un burattino per i vicoli della città in cerca di un luogo in cui trovare la pace, e Ava, che potrebbe avere il mondo intero ai suoi piedi, svende il suo splendido corpo a chiunque le posi gli addosso, scambiando una notte di sesso in un motel per un giorno in più di vita. Sin City cade a pezzi come i suoi personaggi. Le loro storie sono consumate come i loro corpi, e non hanno abbastanza vigore per balzare fuori dallo schermo, rimanendo a stagnare su una scena in decomposizione. E se il 3D di Rodriguez arrotonda le forme e trascina di peso nell’universo marcio di Sin City, fino a farne percepire il fetore, la sceneggiatura intrappola la scena in un passato troppo lontano per potersi ricongiungere con il presente, e l’impianto visivo, che accentua la dimensione cinematografica della storia,  allo stesso tempo la allontana dall’esperimento cross-mediale che era il tratto caratteristico di Sin City, trasformandola in una cupa evocazione dei fantasmi del passato, che tornano incessantemente a raccontare la loro storia per trovare un senso al loro tragico destino.