Il tempo goccia via in uno stillicidio che rode l’anima e la mente. Precipita dal soffitto scuro della scena e riempie vasi che vanno svuotati, come la memoria che sostiene l’esistenza e talvolta si vorrebbe liberare dalle zavorre. Le pareti nere intrappolano il palco senza scampo, la plastica rifrangente sul pavimento è una bruma umida su cui sembra impossibile restare saldi, gli abiti scuri reclamano un funerale. Fibre di abulia si intrecciano ai volti dei giovani attori, fantasmi tenuti in vita da ricordi distanti e sbiaditi, ma ancora troppo resistenti per essere recisi. “Nord-Nord Ovest”, della compagnia sarda Meridiano Zero Teatro, celebra l’attesa delle fine, il desiderio che l’onda del tempo travolga la memoria fino a cancellarne le tracce.
Non c’è tempo per l’improvvisazione, non c’è forza per rinnovarsi e reinventarsi, l’unico stimolo che si innerva nei corpi dei quattro attori è quello di reiterarsi sempre. Parole, gesti, idee non trovano sbocco in nulla che non sia già stato detto, fatto, pensato. Il tempo si dilata nei dialoghi e molto di più nei silenzi, pause estenuanti e corrodenti. E allora l’unico scopo in quel limbo del ricordo è quello di celebrare un rito sempre uguale. Si apparecchia la lunga tavola di legno, si sorbisce il brodo, si mescola e si aggiunge il sale, si gira attorno al desco senza che nulla cambi, che un vero dialogo si instauri. È una tradizione che non muta, che è ancorata al passato e legata ad essa. E allora il brodo rimane sempre sciapo, perché nulla di vecchio può insaporirlo e il nuovo è solo vagheggiato, ma mai afferrato. È l’affresco di un teatro che non sa innovarsi, che ripete se stesso e aspetta per cena un Godot che sa già che non si presenterà.
Dunque il funerale della tradizione è agognato ma non celebrato. E anche quando si tenta di mettere in scena qualcosa di diverso, quando si osa, quando si prova ad allontanarsi dal passato, inevitabilmente si viene richiamati indietro, attratti da una forza gravitazionale che ancora al suolo brumoso del vecchio, dello stantio. Il salotto decadente viene trasformato in una platea, una scena di meta-teatro in cui ognuno dei quattro attori è costretto ad esibirsi davanti agli altri, a cedere una parte di sé per ricevere approvazione, per costruire i propri confini.
Alla fine, però, c’è la resa dei conti con se stessi. Uno specchio rimanda l’immagine dei quattro attori, ma li distorce, li deforma in una realtà falsata, grottesca, costringendoli ad una danza surreale e sempre uguale.
In questo mondo decadente non si può vivere e non si può morire, si può solo esistere tra le nebbie, figure opache sempre uguali a se stesse, mentre lo stillicidio del tempo erode senza sosta.
Il titolo “Nord Nord Ovest” non è che un richiamo alla provenienza della compagnia sassarese, vincitrice con questo spettacolo di Inventaria Festival 2015. Alla regia e sul palco Marco Sanna e con lui Felice Montervino, Maria Luisa Usai (vista in Giulietta Delli Fiori) e Francesca Ventriglia.