Mister Chocolat

Mister Chocolat, di Roschdy Zem

Mister Chocolat è l’Otello di Parigi, il moro più popolare dei teatri della Belle Époque, il più amato dalle donne e invidiato dagli altri artisti per il suo straordinario successo, ma condannato a interpretare per tutta la vita il ruolo dello zimbello della società, sbeffeggiato e preso a calci sulla scena per un pugno di risate. “Per quanto un nero possa essere grande nelle imprese, il sospetto verso il colore della sua pelle lo relegherà sempre a una posizione subordinata ai bianchi”. Questo era vero per Otello nel Seicento, ma lo spettro del pregiudizio ha continuato ad aleggiare sull’Europa fino ai primi anni del Novecento, condannando allo stesso destino il coraggioso Rafael Padilla, che per la prima volta ha portato sulla scena parigina il moro shakespeariano nelle vesti di un attore di colore. Un vero shock per i francesi benpensanti, che con le loro critiche feroci non ci hanno messo molto a rispedirlo nell’ombra dell’anonimato da cui era venuto.

Rafael Padilla (Omar SY ), in arte Mister Chocolat, è nato schiavo a Cuba ed è sbarcato in Francia in cerca di lavoro e di speranza, così come fanno in tanti, ma il suo destino è stato diverso da quello di chiunque, la sua storia unica. Dopo aver sbarcato il lunario con i lavori più disparati infatti è stato ingaggiato da un circo itinerante per impersonare il selvaggio, e spaventare per pochi spiccioli a sera i piccoli francesi bianchi che accorrevano numerosi per vedere le creature più curiose che la natura avesse creato: nani, giganti, e naturalmente uomini neri. Ma nonostante l’umiliazione, il circo ha deciso il suo destino, perché è proprio qui che ha conosciuto il clown Fotit (James Thierrée), l’uomo che per la prima volta ha visto in lui un vero talento e gli ha cambiato la vita. Fotit infatti lo ha subito ingaggiato come spalla nel suo numero “Mister Chocolat e augusto” e l’ha portato con lui a Parigi, facendolo diventare il clown di colore più famoso del suo tempo.

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Questa naturalmente è la storia finzionaria che racconta Roschdy Zem, molto vicina ma non completamente fedele alla quella vera di Rafael Padilla, che ha incontrato Fotit a Parigi e non è stato mai Otello sulla scena. Tuttavia l’immagine che Zem restituisce dell’artista cubano è perfettamente coerente con il clima della Belle Époque e con quella che doveva essere la posizione di un attore di colore nella società del tempo. Mister Chocolat infatti ha fondato la sua fortuna sugli stereotipi che i francesi cucivano addosso agli uomini di colore, ma con la crescita culturale del paese la sua posizione sul palcoscenico è diventata ridondante, desueta e il suo nome è finito nell’oblio.

Ma prima della sua tragica fine Chocolat insieme al suo compagno Fotit ha prestato il suo volto per le illustrazioni dei più celebri grandi magazzini di Parigi, e la loro fama e giunta fino ai fratelli Lumière, che nel 1900 hanno filmato ben sei numeri del duo Footit e Chocolat, rendendo la loro arte immortale. A un secolo di distanza Zem ha riportato in vita questo straordinario artista al cinema, ridonando dignità alla sua arte e al suo nome in una società ancora troppo spesso schiava dei pregiudizi, che viaggia alla velocità del progresso ma non riesce a liberarsi dal sospetto verso chi è diverso. Ora nessuno potrà più dimenticare chi era Mister Chocolat.