Werther Dell’Edera

Panini Comics presenta: Il Ragazzo Invisibile

In copertina un adolescente con un gesto deciso apre la felpa che indossa. Sotto vi si nasconde un costume da supereroe caratterizzato da un simbolo sul petto, chiaro riferimento all’immagine archetipica dell’uomo d’acciaio di John Byrne. Il cappuccio tirato su invece è indicativo della personalità del ragazzo, introverso e schivo nonostante lo sguardo fiero con cui ci guarda. Più un Peter Parker che un Clark Kent. Si tratta di Michele Silenzi, l’italianissimo protagonista del film “il ragazzo invisibile” di Gabriele Salvatores ma non dell’omonimo fumetto, edito in un pregevole volume cartonato da Panini Comics. Non ingannino nè titolo nè la copertina dunque, perché la storia racconta le vicende di Andrej, suo padre, un telepate e una delle prime “cavie” rientrate nel progetto degli Speciali.

Il ragazzo invisibile è infatti il prequel dell’omonimo film ed è parte integrante del primo progetto cross-mediale made in Italy, prodotto con la collaborazione di Indigo Film e Rai Cinema, in cui il fumetto espande e approfondisce il racconto cinematografico. D’altro canto per riuscire a realizzare un film all’americana bisogna pensare all’americana, non solo nei contenuti ma anche in un approccio più ampio al prodotto e, in questa prospettiva, film, libro (edito da Salani) e fumetto, pur restando autonomi, non si limitano ad essere dei semplici adattamenti di una stessa storia, ma diventano i tasselli di un progetto più vasto. Scelta rara questa per una produzione nostrana e certamente degna di plauso.

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Ma di cosa c’è bisogno per creare dei supereroi in salsa italiana? Prima di tutto di credibilità. Ed il disastro di Chernobyl, per quanto non chiaramente esplicitato, è l’idea di base più funzionale possibile per giustificare un background europeo a degli uomini con superpoteri. Il fumetto, scenegggiato da Diego Cajelli, parte da questo presupposto per costruire le basi di un universo e lo fa nel migliore dei modi, raccontandoci appunto di Andrej e dei suoi compagni di sventura, esposti alle radiazioni e rinchiusi dal governo russo in un campo segreto di studio dedito a comprendere i prodigiosi poteri da loro manifestati. L’approccio dello scrittore è moderno ed evita sapientemente di scadere nel citazionismo retrò. Facile sarebbe stato l’errore di scrivere qualcosa guardando ad un tanto glorioso quanto inapplicabile al giorno d’oggi stile alla Lee e Kirby, decisamente più riuscita invece l’idea di seguire il solco di scrittori moderni quali i Bendis, Millar e Brubaker citati da Cajelli stesso nella ricca sezione di interviste a fine volume.
Anche il reparto grafico è decisamente solido. I tre disegnatori coinvolti: Giuseppe Camuncoli, Werther Dell’Edera e Alessandro Vitti, ognuno all’opera su un diverso segmento temporale, forti delle loro esperienze internazionali in Marvel e Dc sono una dimostrazione delle buoni intenzioni del progetto e dell’attenzione posta ad un volume che non vuole essere un prodotto subordinato.

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La storia procede tra flashback e flashforward con il racconto della reclusione di Andrej, il suo amore perduto, quello ritrovato e l’inevitabile fuga verso la libertà con un figlio a cui dover rinunciare per garantirgli un futuro diverso dal proprio. L’impressione generale è quella che gli autori volessero puntare su un target ben differente da quello del film, lasciando in secondo piano problemi adolescenziali e metafore della crescita in favore di atmosfere cupe e contenuti più seri. Quando però nel finale questi elementi vengono a mancare, in vista dell’inevitabile momento di raccordo con il film, la sceneggiatura comincia a funzionare meno bene. Infatti se in un primo momento la figura di Michele viene semplicemente suggerita mostrando qualche scena di vita quotidiana presa in prestito dalla pellicola, nelle battute finali invece diventa una presenza ingombrante, che porta a un brusca serie di riassunti orchestrati per mettersi alla pari con la pellicola. Quasi una perdita di autonomia imposta da meccanismi commerciali, una perdita di coraggio all’ultimo secondo che penalizza una prova altrimenti solida del team in questione. Nell’epilogo rimane comunque aperta la possibilità di un sequel, che sarebbe interessante vedere espresso in maniera più libera.

Marco Nicoli