La morte è un business, lo sanno bene anche i quattro Cavalieri dell’Apocalisse (Morte, Pestilenza, Fame, Guerra) che sulla Terra hanno un’agenzia per gestire i decessi, la Trapassati Inc. appunto. Le Alte Sfere (Fato e il Grande Capo) stabiliscono data, luogo e modalità della morte di ogni essere vivente, spetta a John Doe far sì che non intervenga nulla a modificare tali eventi, evitando, quindi, che qualcosa vada come non dovrebbe. Durante quello che all’apparenza sembrerebbe essere un normale giorno di lavoro, il tenebroso e affascinante direttore Doe nota alcune anomalie, alcune persone schedate sotto la classificazione omega. Non manca ingegno e arguzia al nostro che ben presto viene a capo di questo mistero: come spesso accade anche la Trapassati Inc. sta imbrogliando sulle cifre, commettendo un falso in bilancio. La seducente Morte, infatti, sta arruolando un esercito di persone in vista di quello che sarà il giorno del giudizio e per compensare questi ammanchi di cassa sta architettando, insieme agli altri tre cavalieri, un olocausto che metta tutto in pareggio. Una volta scoperto il piano, John priverà Morte della sua arma e inizierà una fuga attraverso gli Stati Uniti d’America.
Uno dei più innovativi aspetti nella struttura narrativa di John Doe è la sua serialità. I due autori, infatti, avevano stabilito a priori che la pubblicazione sarebbe stata suddivisa in stagioni, elemento ereditato dalle serie TV americane. John Doe nasce come opera che ha un inizio e soprattutto una fine pur suddiviso nella serialità dei diversi volumi. Il protagonista vive avventure che lo portano a evolvere, crescere, incontrare personaggi nuovi che sovente hanno vita breve (in fondo Morte incombe) senza restare ancorato a un cast fisso di comprimari. Questo permette un’interazione tra i personaggi dinamica, capace di variare i toni numero dopo numero, di dare completa libertà agli autori.
Grande attenzione viene riposta anche alla caratterizzazione dei protagonisti. John può essere considerato un poco di buono in continuo bilico tra gesti di altruismo e machiavelliche orchestrazioni, sorrisi ammalianti e profondo amore. Intorno a lui ruota un cast di comprimari surreali, entità astratte alle quali il tandem creativo riesce a conferire tratti umani ben riconoscibili, in un macabro gioco di allegorie e richiami. L’empatia è immediata e risulterà facile restare travolti dal fascino di questo personaggio che, a distanza di 13 anni, risulta ancora credibile e funzionante.
Altra peculiarità di quest’opera è l’alternanza in ogni capitolo al tavolo da disegno di autori dallo stile grafico completamente diverso. In questo primo volume troviamo le matite di Emiliano Mammucari, Walter Venturi, Giuseppe Manunta, Marco Cedric Farinelli e Luca Bertelè. Le peculiarità di ognuno di loro caratterizzano ed esaltano la narrazione. Lo schema delle tavole, poi, è regolare, il numero di vignette varia e si adatta alle diverse fasi dello storytelling, lasciandosi andare a illustrazioni a tutta pagina in grado si sublimare paesaggi onirici o passaggi fondamentali della storia. La spigolosità di Mammucari, il tratto debitore del grande Magnus di Venturi, la delicatezza di Manunta e la sua scelta di proporre tavole senza china per evidenziare i flashback, la versatilità di Farinelli e Bertelè impreziosiscono questo volume, rimarcando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la grande componente sperimentale di John Doe, evidente tanto in fase di scrittura quanto in quella illustrativa.
A distanza di oltre 13 anni da quella prima pubblicazione possiamo affermare che la bontà del progetto artistico portato avanti da Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni è sicuramente comprovata e i successivi lavori di Recchioni sono figli del laboratorio creativo che è stato John Doe; merito va riconosciuto a BAO Publishing che con lo stesso coraggio decide di riportare sugli scaffali delle librerie un’opera imprescindibile, rimasterizzata con il supporto dello stesso Recchioni.