capoeira

Pelè, di Jeff e Michael Zimbalist

«Vincerò io un campionato del mondo. Te lo prometto!»

Esaltante. Spettacolare. Pelè riconcilia con il gioco del calcio. È l’antidoto a qualsiasi veleno di campionati e coppe, di scandali e irregolarità che vi abbia allontanato dallo sport più diffuso al mondo.

Una straordinaria storia che strappa applausi a scena aperta.

Un bambino, soprannominato Dico da amici e familiari, gioca divinamente a calcio utilizzando una tecnica particolare, la ginga, diretta evoluzione del movimento base della capoeira, l’arte marziale brasiliana tramandata in gran segreto dagli schiavi africani deportati nelle colonie americane dagli europei.

Cresciuto nel povero villaggio di Bauru, in una famiglia costretta ai lavori più umilianti per mantenersi. Dico studia e fa il lustrascarpe all’età di 9 anni [Leonardo Lima Carvalho], ma quando il Brasile viene sconfitto nel 1950, una tenace determinazione lo spinge a promettere di vincere un giorno i mondiali per il padre [Seu Jorge che, in Le avventure acquatiche di Steve Zissou interpretava curiosamente il personaggio di Pelè dos Santos], ex giocatore, conosciuto come Dondinho, che ha visto i suoi sogni di gloria svanire per un irrisolvibile infortunio al ginocchio, e per un’intera nazione, che spera nella rivalsa contro quello che le nazionali europee rappresentano: la lunga e avvilente schiavitù.

«Dai retta a tua madre ed evita il calcio come la peste!»

Ostacolato inizialmente dal pragmatismo della madre e dalla disillusione del padre, Dico deve trovare ogni volta il modo di farsi valere, di aggirare ostacoli o di saltarli in dribbling, per trasformare le antiche lacrime, di tristezza, nel 1950, e di vergogna, nel 1954, della sua gente in lacrime di gioia e ammirazione per colui che ha permesso ad una nazione di rialzare la testa e sperare, ad una squadra di “freak”, come la definiva l’allenatore della Svezia nel 1958, di mostrare al mondo intero che si poteva giocare, divertirsi, competere e vincere allo stesso tempo. Una squadra leggendaria che ha avuto il suo trascinatore in un ragazzo di 17 anni [Kevin de Paula], «il più giovane giocatore che abbia mai partecipato ai campionati del mondo di calcio».

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Il Time ha inserito Edson Arantes do Nascimento, per sempre ricordato come Pelè, fra le 100 icone del secolo, anche per il suo stile, dentro e fuori dal campo di gioco. Il più grande calciatore del secolo, Pallone d’Oro onorario e del secolo, membro della Soccer Hall of Fame, è celebrato in maniera epica e spettacolare dai fratelli Zimbalist, sceneggiatori, registi e montatori, già acclamati dalla critica per un altro biopic, The two Escobars, incentrato sul rapporto di interconnessione ma non di parentela tra il più potente boss della droga del cartello di Medellin e lo sfortunato calciatore colombiano. Di nuovo la vita dei più bassi strati sociali che si intreccia con il calcio fra trame nell’ombra e luci della ribalta.

L’incipit è affidato ad immagini di repertorio commentate da cronisti dell’epoca o da voci di giornalisti sportivi ben riconoscibili, come quella del nostro Bruno Pizzul. Pochi minuti e si entra subito nel fantastico mondo della ginga e del piccolo Dico che gioca con i suoi coetanei fra i vicoli poverissimi di Bauru al grido: «Passaggi al volo! Niente rimbalzi!» generando una sequenza altamente spettacolare e divertente che non ha nulla da invidiare alle costosissime pubblicità della Nike.

Stupendamente recitato da attori intensamente espressivi che riescono a trasmettere l’esasperazione, le umiliazioni, la determinazione che è alla base della nascita di uno dei più grandi campioni di tutti i tempi. Fondamentale il rapporto con il padre che diventa in segreto il suo primo mentore («Devi divertirti, Dico. Tutto il resto verrà da sè»), prima di essere affidato all’autorevole osservatore del Santos, un anziano Waldemar de Brito che sembra il vero ideatore della frase del maestro Yoda in Star Wars: «La ginga è molto forte in te, Dico». Sorprendenti, poi, i due giovanissimi talenti, Leonardo Lima Carvalho e Kevin de Paula, alla loro prima interpretazione. Curioso il caso della scoperta di de Paula: quando ormai nessuno sperava più di trovare un ragazzo di circa 17 anni, che somigliasse al re del calcio, che avesse una buona tecnica calcistica e che parlasse inglese, ecco spuntare sullo sfondo di un video di ragazzi che giocavano sulla spiaggia un vero talento del pallone, con una somiglianza incredibile con Pelé. Quando il destino ti piazza nel posto giusto al momento giusto…

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«Se vuoi diventare un calciatore professionista non ti devi mai vergognare di chi sei»

La fotografia, dai toni scuri e dai colori desaturati, catturati da una RED Epic Dragon, unita ad una coinvolgente colonna sonora dai toni monumentali, contribuisce a fornire epicità alla storia di un ragazzo che non aveva niente ma che era già qualcuno dentro di sé e che è riuscito a cambiare la sua sorte iniziale in un trionfo in tutti i campi. I fratelli Zimbalist celebrano una leggenda, proponendo una sceneggiatura avvincente, intensa ed esaltante, unendo epos e pathos, e donando agli ammiratori di Pelé un nuovo film da imparare a memoria. Lo stesso era successo per l’intramontabile Fuga per la vittoria, liberamente ispirato alla “Partita della morte” tenutasi a Kiev il 9 agosto 1942 tra una mista di calciatori di Dynamo e Lokomotiv e una squadra composta da ufficiali dell’aviazione tedesca Luftwaffe e che ha fatto epoca con la rovesciata al rallenty, rivista un’infinità di volte, e le giocate funamboliche di Fernandez [Pelè] e battute come «a Trinidad, per la strada, lo facevo con le arance». In questo film al posto delle arance, un più probabile mango.

Tra gli altri interpreti Vincent D’Onofrio [Full metal jacket] è il mister Feola, Diego Boneta [Rock of ages] è il rivale/amico Josè Altafini e Colm Meaney [The van, Con Air]. A produrre la pellicola Brian Grazer, premio Oscar per A beautiful mind, e lo stesso Pelé, che regala ai fan un cameo durante la sequenze di passaggi acrobatici dentro l’albergo svedese che ospitava il Brasile.

Il film, pianificato per la FIFA World Cup 2014 in Brasile, sarà al cinema in tempo per gli appuntamenti di spicco del calcio estivo, tra finali di coppa e i prestigiosi tornei internazionali del 2016: gli europei di Francia e la Copa América Centenario che si svolgerà negli USA, sotto lo sguardo fiero della leggenda, Pelè.

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«La ginga, in brasiliano, è l’ arte del movimento. è ciò che ci ispira ogni qual volta dobbiamo muoverci in modo creativo, la musica ha ginga e tutto ciò che ha a che fare con la musica ha a che fare con ginga. Non è solo questione di musica. Ginga è l’arte del movimento anche quando gioco a calcio. Nel calcio è il dribbling, è il cambio di velocità, è ciò che creo per confondere l’ avversario. Tutti noi abbiamo uno stile diverso nel ballare, uno stile che cambiamo nel corso del tempo sviluppando la nostra ginga. E così succede anche nel calcio. Musica e calcio. Ma dirò di più. Forse ogni dribbling ha una sua ginga particolare, diversa dalle altre, irripetibile. Dipende dal momento. Tutto questo è molto istintivo. Non bisogna pensare che prediligo una bella giocata o un movimento spettacolare a qualcosa di efficace. Voglio sempre dare il meglio. Per vincere con la mia squadra». – Ronaldinho.