Francesco Pannofino

Angry birds, di Clay Kaytis e Fergal Reilly

Dopo aver spopolato sui cellulari di mezzo mondo dal 2009, il 15 giugno gli uccelli arrabbiati di Angry birds atterrano nelle sale italiane con un film di animazione.
I pennuti personaggi del gioco creato dalla casa finlandese Rovio Mobile hanno perso la capacità di volare e di arrabbiarsi, e popolano una piccola isola nel cuore dell’oceano. Serafici e pacifici, gli uccelli non vedono di buon occhio le emozioni forti quale la rabbia ed emarginano tutti coloro che non sanno tenere a bada i propri sentimenti collerici.
Red, doppiato da Maccio Capatonda, è il rosso pennuto protagonista, le cui caratteristiche salienti sono proprio quelle di arrabbiarsi per un nonnulla, essere schivo e burbero. Emarginato e allontanato sin da pulcino, Red deve fare i conti con l’ennesimo caso di esplosione di rabbia, per cui viene condannato ad un ciclo di terapia guidato dalla maestra yoga Matilda. Durante gli incontri conoscerà Chuck e Bomb, doppiati rispettivamente da Alessandro Cattelan e Francesco Pannofino, anch’essi soggetti alla psicoterapia di gruppo per limare i loro eccessi.
Quando sull’isola approdano decine di maiali verdi, Red, uccello dall’apparente mancanza di qualità, è l’unico a percepire la minaccia che si cela dietro i grugni sorridenti e amichevoli. E così toccherà a lui e ai suoi seguaci sventare la minaccia che incombe sulle uova dell’isola, sfidando gli sguardi di disapprovazione degli altri pennuti.
angry birds
Angry birds – Il film”, prodotto dalla stessa Rovio Mobile e da Sony Pictures, strizza l’occhio ai milioni di giocatori che hanno scaricato l’app sul proprio cellulare, ma accalappia anche quella fetta di pubblico che non ha mai lanciato gli uccelli arrabbiati con la mega fionda.
Sbaglierebbe chi pensasse sia solo per un pubblico di giovanissimi, perché diverse sono le battute indirizzate ad un pubblico maggiorenne e molti sono i giochi di parole che solo gli spettatori con qualche anno in più saranno in grado di apprezzare. “Angry birds – Il film” tocca poi temi di una certa rilevanza e, sebbene lo faccia con uno stile scanzonato, non è difficile intravederne il senso. In una società omogenea e uniforme il diverso viene visto con diffidenza e paura e per questo emarginato. La rabbia di Red, l’iperattività di Chuck, l’ansia di Bomb escono dai canoni e per questo vengono condannate e limitate. I tre uccelli vengono percepiti come monodimensionali e identificati solo con i loro difetti, mentre in verità hanno un potenziale tridimensionale e mai scorto sotto strati di piume colorate. Una società che non accetta la diversità, che teme ogni sfumatura in contrasto con la tonalità ufficiale, che non ha il desiderio di scoprire il mondo esterno, diventa, nella realtà come nel film, una società cieca, incapace di riconoscere il valore del singolo.

Una nota importante all’interno del film è la presenza italiana di Francesca Natale, character art director che ha dato forma ai personaggi, sviluppandone la parte antropomorfa e dotandoli di una personalità ben definita.
“Angry birds- il film” ha avuto un budget di circa 80 milioni di dollari, ma Rovio Mobile e Sony Entertainment ne spenderanno più di 100 per la campagna marketing. È probabile, anzi quasi certo, che nel nido Rovio e Sony si schiuderanno presto nuove produzioni sugli uccelli arrabbiati.

Bluetooth, di Gianni Clementi

Parlare, comunicare, connettersi sempre. La tecnologia unisce e separa contemporaneamente, tagliando i fili che intralciano le nostre conversazioni ma rimuovendo anche la possibilità di collegarci con chi ci è intorno. Parliamo da soli, gesticoliamo al vuoto, insultiamo fantasmi e non vediamo chi ci passa accanto, chi ci chiede informazioni, chi ci guarda basito. Ed è da questa smania di comunicare che nasce “Bluetooth”, lo spettacolo di Gianni Clementi per la regia di Claudio Boccaccini, interpretato da Francesco Pannofino sul palco del Teatro della Cometa. Una voce profonda e graffiata, quasi strozzata a tratti, che per un’ora riflette sull’impellenza, talvolta forzata e spesso inutile, di comunicare.

Incastrato nei panni di Sancho Panza, Pannofino attende che arrivi suo cognato, alto e secco, per il ruolo di Don Chisciotte. Da solo, come statua umana, è inutile, irriconoscibile. L’attesa è fatta di dialoghi al cellulare, di riflessioni ad alta voce, di ammiccamenti al pubblico, di stornelli romani. Dietro, sullo schermo alle sue spalle, scorrono immagini di ciò che è memoria, tra bellezza e consunzione, tra eroi e ombre. “Bluetooth” evoca il passato e scivola nel presente, mentre Pannofino canta di una pace che non arriva, di una stupenda Roma sfregiata dall’acido della noncuranza e dell’indifferenza, e ricorda con sentimento l’omicidio Moro. L’antieroe Sancho Panza è la mediocrità che attende il colpo di scena, la controparte che dia senso alla sua esistenza, ma è anche quell’aspetto di noi che tituba a ogni cambiamento, a ogni evoluzione non prevista, a ogni sforzo in più.

Il Bluetooth del titolo è l’apparecchio che Sancho Panza ha agganciato all’orecchio per tutto il tempo, un’appendice di plastica e silicone che fatichiamo a rimuovere, anche quando non ha più utilità. Ma Blue Tooth, spiega infine Pannofino, è soprattutto il soprannome di Aroldo I di Danimarca, abile diplomatico che unì i popoli scandinavi grazie al cristianesimo e che, per intimorire i nemici, dipingeva appunto i denti di blu. Un nome evocativo, dunque, per una tecnologia che mette in comunicazione dispositivi differenti. L’importante è ricordare che c’è un prezzo per essere sempre connessi.