Karl Urban

Il drago invisibile, di David Lowery

Il vecchio Meacham (Robert Redford) è un intagliatore del legno che tarscorre il suo tempo libero intrattenendo i bambini del piccolo paese di montagna in cui vive insieme alla figlia Grace (Bryce Dallas Howard). Le sue storie hanno una costante: l’incontro con un drago verde negli angoli più reconditi della foresta. Nessuno degli adulti dà credito alle sue parole; nemmeno sua figlia, che pureama tanto gli animali, il bosco e suo padre, unico punto di riferimento della sua vita da quando è rimasta orfana di madre da bambina. E se l’orfanello Pete (Oakes Fegley) la costringesse a ricredersi? Se il suo amico Elliott non fosse un semplice “amico” ma un vero e proprio drago in grado di mimetizzarsi nella foresta per sfuggire agli occhi di chi non avverte il tocco della magia?

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La prima versione de Il drago invisibile (Pete’s dragon nel titolo originale) uscì nelle sale cinematografiche nel 1977 e mescolava elementi cartoon (ad esempio proprio il draghetto Elliott) ed elementi in live action. Questa seconda versione completamente in live action approda presso il grande pubblico rinnovata sotto molteplici aspetti, ma non nel suo nucleo contenutistico principale.

Da un lato, infatti, la CGI rende ancora più realistica e coinvolgente l’avventura di un bimbo orfano cresciuto e accudito per sei anni dall’affetto di un drago pasticcione, più simile ad un cagnone giocherellone che non a una creatura mostruosa che tiene in ostaggio donzelle impaurite e incenerisce cavalieri col suo fuoco distruttore; gli effetti speciali sono coerenti e ben fatti (sebbene, ancora una volta, il 3D non aggiunga nulla alla godibilità della pellicola) e l’espressività del cucciolone si integra perfettamente con il tono familiare dato alla storia.

Dall’altro lato, il tema di fondo rimane tipicamente disneyano: uno (o più) eventi traumatici che segnano indelebilmente l’esistenza possono essere facilmente superati con il potere dell’amore, dell’amicizia e della sincerità. Elliott, poi, può facilmente rappresentare l’emblema della fantasia: se nel corso di tutta la storia viene insinuato il dubbio che sia l’amico immaginario che Pete ha creato appositamente per separare il trauma della morte dei genitori, in realtà il drago pasticcione è una scusa per riflettere sulla capacità che si ha di vedere ciò che sta davanti ai propri occhi. Spesso rifiutiamo concettualmente l’esistenza di qualcosa solo perché questa non è materialmente tangibile e dimostrabile, mentre invece bambini (e anziani) conservano la freschezza d’animo in gradi di far credere loro anche a ciò che non è razionalmente dimostrabile. È questo l’atteggiamento giusti per aprirsi alla dimensione magica e indeterminata di ciò che ci circonda. Un invito, quindi, ad accogliere tutto ciò che la vita ci dona con un animo sempre pieno e sereno.

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Il drago invisibile accompagna grandi e piccini un’atmosfera lieve e al tempo stesso ammiccante a pellicole come Il libro della giungla, Il ragazzo selvaggio o La storia infinita (una scena in particolare sembra essere un vero e proprio dejà vu), in cui emerge con forza l’interpretazione del piccolo Oakes Fegley, orfano espressivo e commovente al punto giusto; senza lode e senza infamia le performance degli adulti Bryce Dallas Howard (figlia del noto regista Ron Howard e protagonista, tra gli altri, di Jurrasic World e The Help) – Robert Redford – Karl Urban (il dottor McCoy di Star Trek, Star Trek– Into Darkness, Star Trek Beyond) – Wes Bentley (Interstellar, Le quattro piume), fatto giustificabile dalla scelta di un pubblico più ingenuo e in gradi di identificarsi con il protagonista.

Star Trek Beyond, di Justin Li

“Spazio, ultima frontiera. Questi sono i viaggi dell’astronave Enterprise. Diretta all’esplorazione di nuovi mondi. Alla ricerca di altre forma di vita e di civiltà. Fino ad arrivare dove nessun uomo è mai giunto prima”.

In Star Trek Beyond la USS Enterprise e il suo intrepido equipaggio composto dal capitano Kirk (Chris Pine), Uhura (Zoe Saldana), l’ingegnere Montgomery Scott (Simon Pegg, nel ruolo anche di co-sceneggiatore), dal dottor Bones (Karl Urban), da Chekov (Anton Yelchin) e dall’immancabile Spock (Zachary Quinto) sta per concludere il più lungo viaggio esplorativo mai compiuto fino a quel momento: cinque anni lontano da casa e dagli affetti più cari rendono anche lo stoico capitano Kirk incerto sul futuro della sua missione. Improvvisamente un imprevisto contatto con una nave sconosciuta e rimasta naufraga nello spazio costringerà l’equipaggio della Enterprise non solo a misurarsi con una minaccia di proporzioni letali, ma, soprattutto, con la solitudine e la divisione. L’equipaggio sarà smembrato e in questa condizione ancora più forte sembra essere l’eco di una riflessione sul significato della propria missione nello spazio, legata strettamente alla ricorrenza del cinquantesimo anniversario della saga che ricorre proprio in questo nostro 2016.

«È il cinquantesimo anniversario – spiega il regista Justin LI – e mi sembrava fosse importante decostruire l’idea stessa di Star Trek, l’idea della Federazione e il motivo per cui è così importante. Affronteremo diversi aspetti».

Star Trek Beyond
Dopo le controversie legate a Into Darkness e al suo trattamento del mitico personaggio di Khan, il franchise fa un passo indietro alla ricerca dello spirito autentico della saga creata da Gene Roddenberry. Star Trek Beyond è forse l’episodio più spettacolare di sempre: grazie ad inseguimenti mozzafiato (e non si può non chiamare in causa la storia di Toretto e Brian O’ Conner che Justin Li ha diretto in quattro capitoli della saga di Fast & Furious) nel bel mezzo di una splendida e futuristica città di vetro, e soprattutto un paio di combattimenti spaziali (tra cui uno sulle note di una musica classica inedita) furiosi e distruttivi come non mai.
Nonostante i personaggi della saga, anzi della saga reboot, siano ormai talmente ben caratterizzati (e questo è ovviamente merito di Roddenberry, ma anche di Abrams) che non rischiano di essere (s)travolti da queste derive più action, il peso che a ognuno di loro viene dato nell’economia della storia è altamente variabile e poco bilanciato, con alcuni personalità più approfondite di altre che non riescono a svilupparsi compiutamente nel corso della narrazione. In particolare la performance di Chris Pine nei panni di James T. Kirk continua ancora a stupire per l’incredibile somiglianza (più spirituale che fisica) con quello indimenticabile di William Shatner, ma anche per la versatilità con cui è in grado di passare dalla figura malinconica e solitaria del Capitano “perso nello spazio” a quello coraggioso e scavezzacollo che non ha paura di affrontare alieni letali e pianeti sconosciuti in sella ad una moto d’epoca. A differenza di quello che si potrebbe immaginare, però, a rubare la scena c’è soprattutto l’inedita coppia Spock/Bones e i loro continui battibecchi causati da una convivenza forzata che divertono e convincono tanto da oscurare, molto spesso, quasi tutti gli altri colleghi: poco lo spazio per Uhura, per Sulu (nonostante il tanto chiacchierato coming out che dura non più di due secondi) e perfino per il Chekov di Anton Yelchin recentemente scomparso. Il villain di turno è il misterioso Krall, interpretato da Idris Elba, reso irriconoscibile da tonnellate di trucco e protesi. Nonostante un ingresso in grande stile, il suo apporto tuttavia alla pellicola diviene subito marginale e risulta uno degli aspetti meno convincenti di Star Trek Beyond.

Star Trek Beyond
Nell’insieme Star Trek Beyond risulta un film in linea con le aspettative dei fan meno accaniti e di coloro i quali non desiderano trascorrere un apio di ore in un’atmosfera da sogno tecnologico e che, una volta tanto, viene avallata da un 3D degno del suo nome e funzionale alla resa globale della storia.