Kyle Chandler

RomaFF11 – Manchester by the Sea, di Kenneth Lonergan

A Manchester by the Sea, Massachusetts, fa freddo, un freddo che entra nelle ossa e resta intrappolato nel corpo fino a congelare il cuore. Ora più che mai Lee Chandler (Casey Affleck) sente quanto questo piccolo paese al limitare dell’oceano freddo e claustrofobico, proprio come la cella frigorifera in cui riposa il corpo del fratello. Solo poco tempo prima avrebbe sfidato il mare, il vento e persino la tempesta con la sua barca da pesca sgangherata pur di andare a pesca con Joe (Kyle Chandler) e suo figlio Patrick (Lucas Hedges), ma ora la paura la congela, lo immobilizza, e gli impedisce di andare avanti con la sua vita. Joe è morto all’improvviso e a lui è stata affidata la gravosa responsabilità di fare da tutore a Patrick, ma non è questo a bloccare Lee, ma il ricordo di qualcosa di terribile che pochi anni prima è accaduto proprio lì a Manchester by the Sea e che ha distrutto per sempre la sua vita.

Ora Lee lavora come custode di una palazzina a Boston, vive da solo in una stanza ammobiliata e passa le sue giornate tra piccoli lavori da tuttofare e le serate al bar, dove non di rado alza il gomito e viene coinvolto in una rissa. La su vita scorre così nel silenzio, nella solitudine e nella soppressione del dolore nell’alcol. La natura del suo dolore e della rabbia che lo corrode dall’interno rimane però inspiegata fino a quando non torna a Manchester by the Sea, e qui la sua vita passata inizia a scorrere nella sua mente così come sullo schermo in una serie infinita di flash back, che portano di nuovo in vita il suo terribile fatal flaw. Ogni angolo della città e ogni volto amico gli ricorda chi era prima e gli mostra chi potrebbe tornare ad essere se accettasse di occuparsi di Patrick, ma il peso della responsabilità di un altro essere umano è troppo gravoso da sostenere e il cammino della redenzione scavato nel ghiaccio che avvolge la città e i suoi abitanti.

Manchester-by-the-Sea-Sundanc-2016
Manchester by the Sea è un film sull’accettazione della morte da parte di chi resta in vita, che accarezza tutte le fasi dell’elaborazione del lutto senza mai bruciare le tappe, ma prendendosi tutto il tempo necessario per sviscerare tutti gli stadi attraverso cui passa l’animo umano prima di accettare l’ineluttabilità dei fatti ed andare avanti. Ma per quanto questa possa sembrare un’operazione già alquanto ambiziosa il regista Kenneth Lonergan porta l’elaborazione del lutto su piani temporali diversi, fino a scavare nelle colpe del passato e nei traumi irrisolti che si ripercuotono sul presente. Il ritmo è lento ma scandito anche da una comicità sottile oltre che da un dolore imperante, in una costante alternanza tra commedia e dramma in cui Lonergan, noto soprattutto come sceneggiatore, mostra tutta la sua abilità nella scrittura oltre che dietro la macchina da presa, creando un affresco estremamente complesso dell’essere umano, catturato nel momento esatto in cui incontra la morte.

Carol, di Todd Haynes

A volte la vera bellezza si nasconde in luoghi inaspettati, dietro la vetrina appannata di un negozio di bambole d’epoca, sulle labbra scarlatte di una donna che attorciglia graziosamente i suoi riccioli biondi o nelle maglie di una pellicola delicatamente sgranata che incornicia i volti come in quadro di Hopper. La bellezza di Carol vive tra le pieghe degli abiti di seta, nella polvere di cipria e nell’eleganza formale dei corpi e degli ambienti in cui si muovono, ricostruiti con grazia e dovizia di particolari da Todd Haynes, il regista che meglio sa dipingere l’alta borghesia degli anni Cinquanta, così perfetta nelle apparenze quanto imperfetta nelle azioni.

Carol (Cate Blanchett) è una donna bellissima, sposata senza amore con un ricco banchiere newyorkese, innamorata della sua bambina ma non di suo marito. Sotto la maschera di moglie e madre perfetta, con i capelli sempre impeccabili e la vita fasciata da abiti di sartoria all’ultima moda, nasconde un trasporto inconfessabile per una giovane donna, Therese Belivet (Rooney Mara), che ha visto per la prima volta in un negozio di giocattoli la vigilia di Natale. Therese appartiene a un ambiente sociale diverso da Carol, e si sta appena affacciando al mondo adulto, ma stranamente rimane incanta da questa donna così bella e sicura di sé e fa di tutto per entrare nella sua vita.

(L-R) KYLE CHANDLER and CATE BLANCHETT star in CAROL
L’attrazione tra Carol e Therese è magnetica, brucia sotto la pelle e freme ogni volta che si toccano con lo sguardo, ma si sforza di rimanere sopita più a lungo possibile agli occhi di una società, che inizia ad accarezzare l’emancipazione della donna, ma non è ancora abbastanza coraggiosa da rompere le convenzioni che la imbrigliano nei ruolo di moglie e madre. Carol è l’America del dopoguerra, la personificazione del sentimento contrastante che freme verso il futuro ma rimane bloccato dal retaggio del passato, mentre Therese è una donna indipendente e determinata a seguire le sue passioni, ma ancora troppo insicura per scegliere per sé un amore omosessuale.

Il loro incontro nel 1952 ha acceso l’America, trasformando Carol, il romanzo di Patricia Highsmith, in un caso letterario, per aver descritto per la prima volta l’amore tra due donne newyorkesi, e oggi le parole dell’opera si sublimano in una scena elegante e perfetta nella sua compostezza. Todd Haynes dipinge la passione tra le due donne con la cura di un pittore che si sofferma sui dettagli estetici per raccontare i sentimenti che si dibattono sotto la superficie, ma rimane a guardare i suoi personaggi da lontano, attraverso una finestra invisibile, per non turbare la perfezione della casa di bambole che ha costruito per loro. Questa è la vera bellezza.