Morgan Freeman

Now you see me 2, di Jon M. Chu

«Mi sentite, Cavalieri? Avrete presto quello che vi spetta, ma nel modo che non vi aspettate!».

Un anno dopo aver ingannato l’FBI e aver guadagnato l’adulazione del pubblico con i loro spettacoli di magia in stile Robin Hood, I Quattro Cavalieri ritornano a calcare le scene con una nuova performance, che ha come obiettivo primario rendere pubbliche le pratiche non etiche di un magnate della tecnologia. Ma qualcosa non va per il verso giusto. Qualcuno si intromette e manda all’aria i loro piani svelando alcuni loro segreti. Lo stesso Dylan Rhodes [Mark Ruffalo] viene braccato dall’FBI e costretto a separarsi dagli altri. Atlas [Jesse Eisenberg], Merritt [Woody Harrelson], Jack [Dave Franco] e Lula [Lizzy Caplan] si ritrovano in un batter d’occhio in Cina, a Macau, come se avessero usato il teletrasporto. L’uomo che si cela dietro la loro fuga fallita e il viaggio inaspettato non è altro che Walter Mabry [Daniel Radcliffe], un altro prodigio della tecnologia, narcisista e psicopatico, che vuole costringere i Cavalieri a mettere in atto una rapina quasi impossibile: rubare un chip che permette di decriptare qualsiasi codice di accesso, rendendo disponibile qualsiasi tipo di informazione con lo scopo di condizionare i mercati e diventare, di fatto, al pari di una divinità in Terra. La loro unica speranza è quella di assecondare lo psicopatico ed effettuare un colpo quasi impossibile tentando di rovesciare in qualche modo la loro situazione, al fine di ripulire il loro nome e svelare contemporaneamente la vera mente che si nasconde dietro tutto questo. Chi sarà costui? E come si comporterà l’Occhio in questa situazione? Isolati e controllati a vista anche da Chase, il gemello di Merritt, i Cavalieri dovranno imparare ad agire come un unico corpo, se vorranno cavarsela, ma dovranno fare i conti con paure, ambizioni, tormenti e propositi di vendetta.

«Il più grande potere che un mago ha è nel suo pugno vuoto».

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Produttori e regista si prendono un gran rischio a cimentarsi nel sequel di un film di così grande successo come è stato il Now you see me di Louis Leterrier nel 2013. Eppure rimane il dubbio su quale dei due sia il migliore e la domanda, in realtà, diventa: si è aperto un meraviglioso ciclo di film, che possa attraversare le generazioni come ha fatto la saga di 007? Probabilmente sì. Specialmente se la collaudata struttura del format rimane inalterata, in bilico tra la action-comedy e lo spy-thriller.

Lo scrittore Ed Solomon, che ha contribuito alla scrittura del primo film, ha collaborato alla nuova storia con Peter Chiarelli riuscendo a catturare lo spirito dell’originale, ad incorporare più illusionismo, intrigo e azione e ad inserire il tutto in un contesto internazionale, partendo dall’inedito presupposto di far cadere i Cavalieri vittime di un trucco magico che li lascia senza vie d’uscita. Un rovesciamento continuo di ruoli rende la sceneggiatura abbastanza ricca di sorprese anche per gli spettatori più esperti. Il resto del fascino è a vantaggio dell’illusione, intesa come arte magica e come patto di sospensione dell’incredulità, principio basilare dell’arte cinematografica. Un parallelismo che ricorda alla lontana il The Prestige di Nolan, senza averne, ovviamente, quella struttura perfetta da meccanismo da orologio svizzero.

Sullo schermo si susseguono numeri di micromagia, mentalismo, cartomagia, prestidigitazione, ipnosi, escapologia, fachirismo, perfino grandi illusioni e si ha la vivida sensazione di essere in presenza di un vero grande spettacolo di illusionismo. «È importante che il pubblico non pensi che li stiamo ingannando – afferma Chu – perché non è così. Facciamo magia sullo schermo così come la si vede, senza tagli».

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«Non ci si rende conto – spiega lo sceneggiatore Ed Solomon, – di quanto duro lavoro richieda creare qualcosa che sembri apparentemente agevole. Non sto parlando dei trucchi da illusionista, che siano piccoli, medi o grandi. Mi riferisco alla creazione dell’atmosfera magica in tutto il film, in modo che sembri tutto un unico grande trucco. Abbiamo cercato di creare la suspense dell’incredulità che nasce quando si guarda uno spettacolo di magia».

La collaborazione, anche nelle fasi di stesura del copione, di un artista del calibro di David Copperfield, anche co-produttore, e di altri suoi colleghi come Keith Barry è stata sotto questo aspetto fondamentale e i risultati si vedono. Gli attori hanno partecipato a un corso intensivo di illusionismo per affinare la loro destrezza nel far scomparire gli oggetti. Soprattutto hanno fatto molto esercizio per diventare esperti di cartomagia per una delle scene più emblematiche di Now you see me 2. Mark Ruffalo ha persino imparato a sputare il fuoco e il maestro illusionista di Woody Harrelson asserisce che «se decidesse di smettere di recitare per dedicarsi a tempo pieno all’ipnosi, dovremmo preoccuparci tutti, davvero».

Sarà stato un lavoro duro anche per Daniel Radcliffe passare dalle magie da piccolo wizard al manipolare oggetti come un vero magician, senza trucchi e inganni da green screen! La parte dell’inetto psicopatico sempre una spanna indietro agli altri, per quanto si possa dannare l’anima, sembra gli riesca naturale. Non si distingue e non caratterizza il suo personaggio in maniera memorabile e questo continua a far parlare i suoi detrattori che lo vedono ancora indissolubilmente legato al maghetto di Hogwarts. L’auspicio è che venga anche per lui un mentore che lo faccia strisciare nella neve, nel fango e nel sangue per scappare da critici voraci quanto orsi!

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Arthur Tressler: «L’inferno, a confronto, sarà un soggiorno alle terme».
Walter Mabry: «Mi avevi già convinto ad “inferno”!»

Tra morti inscenate e resurrezioni a sorpresa, lo spettatore può godere di una stupenda partita a scacchi, farcita di bei dialoghi, mai scontati e mai inutili. Da genio della tecnologia qual è, il personaggio di Radcliffe mette la scienza, la sua amata scienza, contro la magia dei paladini della giustizia, in una guerra che in realtà è tecnologia vs scienza, in quanto l’illusionismo altro non è se non un insieme di trucchi che sfruttano proprio la fisica, la meccanica, la chimica, l’idraulica, l’ottica e, non da ultima, la psicologia. Il trionfo delle scienze su palcoscenico, la vera “rivincita dei nerds”, se vogliamo.

Interessante è poi il mistero della carta dei tarocchi che appare nel momento del trucco fallito ad inizio film. Sappiamo da Now you see me che Atlas ha gli Amanti, Merritt l’Eremita, Jack la Morte e Lula la Papessa, eredità della Henley Reeves del primo film. In questo film appare una carta in mano a Dylan quando vengono i Cavalieri subiscono l’iniziale disfatta. È il Matto, ovvero la follia, la sregolatezza, ma rappresenta anche lo zero, il caos che origina il tutto, la tabula rasa che azzera e permette di ripartire per un nuovo viaggio. Cosa rappresenterà per loro questa carta? Chi si cela dietro di essa?

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Now you see me 2 è ineccepibile anche sotto l’aspetto tecnico. L’impiego della ARRI Alexa XT permette una fotografia satura, dai toni alti, che non perde definizione nei colori scuri e nei neri e che gestisce alla perfezione i bagliori e le luci della ribalta, nonché la credibilità della scena della manipolazione delle gocce d’acqua: probabilmente anche un inglese penserà che la pioggia di Londra non è mai stata così bella. La colonna sonora, curata ancora dall’ormai ambitissimo Brian Tyler [John Rambo, Iron Man 3, Truth], è una musica briosa, frizzante e adrenalinica, che mescola sapientemente il classico con il contemporaneo, come, del resto, la regia di Jon M. Chu.

Attacco al potere 2, di Babak Najafi

Pres. Asher: «Di che diavolo sei fatto?»
Banning: «Di Bourbon e pessime scelte»

Gli Stati Uniti si sono ripresi dal precedente attacco nord coreano e vivono un periodo di pace. Fin quando a Londra il Primo Ministro muore per quelle che sembrano circostanze ordinarie. Al suo funerale parteciperanno tutti i maggiori capi di Stato, compreso il presidente Benjamin Asher [Aaron Eckhart]. Il suo capo della sicurezza, e amico, Mike Banning [Gerard Butler], in procinto di diventare padre e dare le dimissioni per occuparsi a tempo pieno della famiglia, dovrà accompagnarlo per un’ultima missione, che dovrebbe essere pura routine. Ma quello che doveva essere un evento blindatissimo si rivela un complotto ben orchestrato che mira ad uccidere i più potenti leader mondiali. Non ci vuole molto a Banning per capire che i terroristi devono essere stati aiutati da qualcuno all’interno, ma come potrà cavarsela, braccato in una Londra sotto attacco, senza potersi fidare di nessuno?

Mettere a ferro e fuoco una capitale europea e uccidere innocenti, oltre ai maggiori capi di Stato è Storia prima che trama di un film d’azione. L’atteggiamento di lotta a oltranza per la sopravvivenza, di sopraffazione totale del nemico senza alcuna remora o pietà, la vendetta come unico sentimento che muove le coscienze al pari dell’amore verso il proprio Paese e chi lo rappresenta, sono le fondamenta sulle quali è costruita la trama del seguito di Attacco al potere.

Stavolta il coriaceo agente Banning è fuori dal suo territorio e dovrà dar fondo a tutte le sue qualità militari per poter salvare il Presidente e sconfiggere un nemico che è rappresentato come vendicativo, senza scrupoli e spietato, ma votato eroicamente al sacrificio, pur di raggiungere il suo scopo: un terrorista che, dallo Yemen, mette in atto un’azione militare ben precisa, che oggi, in seguito agli attentati di Parigi, riconosciamo come fondatamente realistica. Probabilmente il ritardo nell’uscita del film nelle sale è da imputare proprio alla stretta connessione con i tragici eventi di novembre 2015.

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Thriller e terrorismo: un connubio di successo che va ben oltre il cliché cinematografico e che trova etimologicamente la sua spiegazione nell’origine dei termini, entrambi derivati dalla comune radice indoeuropea ter-, che vuol dire “tremare”. Una tensione che rimane una costante per tutta la durata del film. Un film d’azione che ha il fine ultimo di fungere da catarsi: a prescindere dal finale, lieto o tragico che sia, l’importante è dare «a quei bastardi» quello che si meritano, senza stare a pensare cosa ci sia nascosto sotto, o dietro, nell’ombra, quali conseguenze possano esserci per l’economia globale quando metropoli come Londra vengono rase al suolo per un terzo e i capi di governo sono allo sbando.

Civiltà, diplomazia, rispetto nei confronti dell’avversario, non aspettatevi di vederne che qualche fortuito secondo. Questa è una di quelle rare occasioni, ormai, in cui potete godere di una sparatutto mozzafiato, adrenalinico, a tratti condito con quell’ironia e quel sarcasmo che trovano la similitudine più recente nelle battute di John McClane nella saga di Die hard.

L’idea di base è evidentemente quella di intrattenere come può fare un videogioco, ma aggiungendo un inaspettato punto di vista, lasciato un po’ tra le righe, che però non va trascurato, dal momento che il regista è di origini iraniane: l’eroicità dei gesti nelle file nemiche, che fanno da specchio a quelle dei colleghi americani, insinuano, quasi sotto pelle, un retrogusto amaro della battaglia, in cui chi concretamente combatte ha tutto da perdere e ben poco da guadagnare.

Cambio della guardia nel settore regia. A dirigere è lo svedese di origini iraniane Babak Najafi [Sebbe, Snabba cash II], non più Antoine Fuqua [Training day, The equalizer, Brooklyn’s finest], che è in fase di post-produzione con il remake de I magnifici sette e che è annunciato come regista di The man who made it snow, con un ispirato Jake Gyllenhaal, chiamato ad interpretare Max Mermelstein, il trafficante di droga del cartello di Medellín che lavorava come ingegnere allo Sheraton Hotel.

È stato, però, mantenuto intatto il nucleo di sceneggiatori che hanno creato la storia e i personaggi del primo Attacco al potere – Olympus has fallen, Creighton Rothenberger e Katrin Benedikt, conosciutisi proprio ad un master di scrittura creativa nel 2000 a Philadelphia.

Alla coppia, nel lavoro e nella vita, si aggiungono Christian Gudegast [Il risolutore, Ragazze al limite e, prossimamente, Den of thieves, sempre con Gerard Butler] e il promettente Chad St. John che, dopo il sorprendente cortometraggio The Punisher: Dirty laundry, ha firmato la sceneggiatura di Replicas, uno sci-fi thriller con Keanu Reeves che dovrebbe uscire nel 2017.

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Un’altra caratteristica, purtroppo mantenuta inalterata, è il mancato utilizzo del titolo originale London has fallen (“Londra è caduta”), che richiamerebbe quell’Olympus has fallen del primo capitolo del franchise, che nei codice dei Servizi Segreti è “la Casa Bianca è caduta”. Non è colpa della nuova distribuzione M2 Pictures che, di fatto, si trova in qualche modo costretta a mantenere un anacronistico sequel numerato, che non fa onore all’ottimo prodotto, girato, peraltro, con una qualità audio-video indiscutibilmente  alta [Red Epic Dragon con file di lavorazione da 5K]. Fu la Notorius Pictures a distribuire a suo tempo, in Italia, il primo film, con il titolo Attacco al potere, vuoi per facilitare quella fetta di pubblico che non mastica ancora l’inglese o per sfruttamento commerciale dell’indimenticato film con Denzel Washington e Bruce Willis del 1998. Curioso, poi, che anche quel film sia stato oggetto, allora, di una fantasiosa traduzione dall’originale The Siege, che in realtà sarebbe “l’assedio”, per non creare confusione con l’altrimenti omonimo film di Bernardo Bertolucci, in contemporanea uscita nei cinema lo stesso giorno, il 5 febbraio 1999.

«La tecnologia è buona solo se non la usano gli imbecilli»

Quale sarà il prossimo obiettivo dei nemici? Roma? Madrid? Berlino? Oppure una metropoli orientale? Non è ancora stato annunciato nulla a tal riguardo. Se il franchise continuerà, lo deciderà l’accoglienza riservata dagli spettatori a questo seguito in trasferta europea.

Lucy, di Luc Besson

Se è vero che gli esseri umani hanno accesso solo a una minima parte della capacità cerebrali, cosa accadrebbe se prendessero il controllo totale del loro cervello? La conoscenza parziale delle cose del mondo si estenderebbe all’universale e il potere sul corpo umano, sulla tecnologia e sulla natura intera sarebbe assoluto. Il primo passo sarebbe una percezione accentuata di ogni componente del proprio corpo, fino allo scorrere del sangue sotto la pelle e allo scricchiolio delle ossa poi, lentamente, si estenderebbe spazio che lo circonda, all’aria, ai corpi delle altre persone, e alla ragnatela invisibile di vibrazioni e onde elettromagnetiche che intrappolano gli esseri umani in una rete globale. Il cervello potrebbe smembrare le cellule per rimetterle insieme a suo piacimento, fare a pezzi i corpi, giocare con la materia e trasformarla in una sostanza immateriale che si scompone e si ricompone all’occorrenza per attraversare il tempo e le ere geologiche, per poi ritornare inevitabilmente all’origine del mondo, dove tutto ha avuto inizio.

Lucy è la prescelta, la depositaria involontaria di questo potere sconfinato. Il suo corpo è il prezioso involucro di una sostanza chimica al limite del fantascientifico, in grado di potenziare le capacità fisiche e psichiche a un solo assaggio, e che dissolta nel sangue e irradiata nell’organismo trasforma gli uomini in dei. Il suo corpo è una mappa di percezioni amplificate, una fitta rete di  impulsi elettromagnetici, che leggono le persone, le attraversano e le manipolano, così come fanno con il tempo, che si arrotola e si srotola ad un battere di ciglia. Ma ora che Lucy possiede la conoscenza assoluta del mondo e il potere divino, quale può essere il passo successivo se non la perdita inesorabile dell’umanità, del dolore e della fallibilità che accomuna le creature terrene?

 

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Lucy si costruisce sulle immagini più che sul’azione, in una rete visiva ipnotica in cui gli eventi si rincorrono alla stessa velocità della trasformazione di Lucy da donna in dea. Luc Besson infatti lascia in secondo piano i poteri supereroistici e la sete di giustizia di Lucy, per riflettere sull’essere umano intrinsecamente onnipotente, creato a immagine di Dio, che tiene gelosamente nascoste le sue capacità in un’area della mente che non ha il coraggio di esplorare. Besson sfonda questa porta segreta per scatenare un potere sconosciuto, e mette le sorti del mondo nelle mani di una ragazza inconsapevole, spaventata più che grata delle sue nuove capacità, che non aspira ad altro che tornare alla sua umanità problematica e imperfetta.

L’onnipotenza è una condanna o, almeno per adesso, un fardello troppo ingombrante per l’uomo, e Lucy, che porta il nome della prima donna comparsa sulla terra,  si pone come spartiacque tra il passato e un futuro visionario, in cui anche la morte diventa inconsistente, e tutto si trasforma in una materia intangibile che trascende, si trasforma in energia e penetra il tutto raggiungendo, se pure in una forma diversa, l’immortalità a cui ha sempre aspirato.