arte

Le stagioni di Louise, di Jean François Laguionie

L’estate volge al termine nella località balneare di Biligen. L’ultimo treno della stagione parte e riporta i villeggianti alle loro occupazioni quotidiane in città. Louise, un’attempata signora, non riesce a prendere quell’ultimo treno. La cittadina costiera deserta è l’unica compagnia che può avere, ma non si darà per vinta e, facendo leva sull’esperienza ormai consolidata e su di un carattere forte e tenace, Louise affronterà questa sua nuova avventura come una sfida, non una sfiga. Anzi, non di certo una sfiga. Specialmente se trovi dei compagni fedeli che sanno parlarti al cuore e guidarti nei momenti di sconforto: il cane randagio Pepper [doppiato da Mino Caprio, è Pepe, nella versione italiana] e i ricordi d’infanzia e adolescenza. I ricordi, che emergono in quello stato di solitudine forzata, si mescolano, nel subconscio, con il rimosso, e i rimorsi, e presto si tramutano in sogni, che citano Magritte e il surrealismo, e sciolgono i nodi della sceneggiatura e, allo stesso tempo, rispondono alle domande che la donna inevitabilmente si pone: è una punizione quella che sta vivendo? O solo una delle tante prove a cui spesso la vita ci sottopone?

«Ogni mattina io scopro un altro cielo e un’altra spiaggia, tutti per me».

I villaggi della costa della Normandia rappresentano un ricordo non solo per la protagonista, ma anche per Laguionie, confermando l’elemento autobiografico che ha mosso l’ideazione del progetto: «nella mia mente quei villaggi rappresentano ancora un luogo ideale per una tranquilla vacanza spensierata, sono luoghi in cui mi sento protetto dalla miseria del resto del mondo e in cui mi sento protetto e isolato in un luogo privo di confini temporali dove le abitudini borghesi sono ancora intatte e tengono lontane le angosce esistenziali, come l’invecchiamento e le maree».

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I suoni naturali e i rumori tipici dei paesaggi marittimi costituiscono una vera e propria partitura musicale che fornisce verosimiglianza all’ambientazione. Se per un attimo si chiudono gli occhi, ascoltando l’armonico susseguirsi dei richiami degli uccelli su di un tappeto di onde che s’infrangono sulla spiaggia, si ha la sensazione di essere parte del quadro. «Desideravo – confessa il regista – che si avvertisse in tutte le immagini un senso di libertà e che la pellicola ne fosse totalmente intrisa, come se quest’ultima fosse stata interamente disegnata a mano […] I suoni naturali sono elementi necessari per dare credibilità alla situazione di abbandono della protagonista; la musica del piano di Pierre Kellner crea invece un’interessante contrapposizione volta a rappresentare la spensieratezza, l’ottimismo e la gioia di vivere di Louise. Le musiche intonate dall’orchestra di Pascal Le Pennec, il quale composto “The Painting” [“Le Tableau”, per il film La tela animata, sempre di Laguionie], supportano la rappresentazione delle memorie e dei sogni più intimi e profondi di Louise. Anche le voci, tanto quanto le musiche, sono state fondamentali per la costruzione del film e la sua animazione. È stato necessario determinare tutti questi elementi prima ancora di iniziare a realizzare il film e decidere quale sarebbe stata la struttura della narrazione».

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L’interpretazione del personaggio di Louise, in Italia, è affidata alla vigorosa voce di Piera Degli Esposti, attrice di tanto bel cinema e di teatro di altissimo livello, nonché scrittrice e regista di opere liriche: «Sono rimasta molto coinvolta dalla profondità che mostra Louise nell’affrontare l’avventura e la solitudine – ha esternato l’attrice – La bimba che è in lei è ancora viva. Laguionie ha girato un film profondamente concreto che, nello stesso tempo, ha una forte dimensione di gioco, e a me piace molto il gioco. Le stagioni di Louise è un grande dono, un film che spazza via la morte: la vita vince».

Una nuova piccola grande storia di vita, un nuovo spunto di riflessione sulla solitudine, in generale, ma anche sulla senilità, nello specifico. Una sfida proporlo sotto Natale mentre nei cinema imperversano Rogue One, Miss Peregrine, le tradizionali commedie italiane e il 56° classico Disney, Oceania. E Louise, ormai lo sappiamo, le sfide le sa cogliere con il cuore di un’avventurosa teenager. Un po’ Robinson Crusoe, quando Louise si costruisce il suo rifugio per ripararsi dagli agenti esterni e per godere appieno delle meraviglie che il mare sa donare a chi ha dentro di sé la poesia per saperle apprezzare. Un po’ Aspettando Godot, con il susseguirsi delle stagioni nell’attesa dei soccorritori o del ritorno dei villeggianti per una qualsiasi festa dell’anno. Un po’, anche, Il vecchio e il mare, per lo spirito d’avventura che, si sa, non deve morire mai, in quanto fulcro stesso della vita umana. L’analogia con il romanzo di Hemingway non si esaurisce con il percorso interiore da romanzo di formazione o con la sfida per la sopravvivenza: come Le stagioni di Louise, la breve versione d’animazione (1999) di Aleksandr Petrov di The Old Man and the Sea è stata realizzata in un interessante stile pittorico, vincendo nel 2000 il premio Oscar® per il suo settore specifico.

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I fondali su cui si muovono i personaggi del film del maestro dell’animazione francese, Jean François Laguionie, sono materici, quasi tangibili, pitturati delicatamente su carta da disegno, di cui si può percepire la trama sul grande schermo. Come con La tela animata il regista francese si diverte a giocare con i livelli di significazione fino a spingersi al mise en abîme e alla meta-arte quando, sulla spiaggia, Louise dipinge il paesaggio nel quale si muove, a sua volta pitturato da qualcun altro che esiste in una dimensione altra dalla sua, e non è questa, forse, la suprema riflessione sulla vita?

Un altro bel gioiello incastonato nella corona di I Wonder Pictures, che distribuisce nelle sale italiane i migliori biopic e documentari, vincitori di prestigiosi premi internazionali [Sugar man e Citizenfour hanno conquistato l’Oscar®], ma soprattutto ha portato nelle sale italiane Dio esiste e vive a Bruxelles, molto apprezzato dalla critica, pluripremiato ai Magritte e candidato ai Golden Globe.

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Station to station, di Doug Aitken in DVD

«Station to station è un viaggio attraverso la creatività moderna», un progetto ambizioso di Doug Aitken, che è stato reso possibile dai finanziamenti di un folto gruppo di istituzioni: MoMA PS1, Carnegie Museum of Art, MCA Chicago, Walker Art Center, SITE Santa Fe, LACMA e SFMOMA e grazie alla collaborazione di SkyArteHD e Levi’s.

Negli Stati Uniti, nel 2013, un treno ha percorso le 4000 miglia che separano l’Atlantico dal Pacifico, per oltre 24 giorni, fermandosi in 10 stazioni, dove hanno avuto luogo happening artistici di notevole interesse socioculturale: arte concettuale, musica di vario genere, cinema, coreografie, performance di teatro s’incontrano lungo il percorso del treno, metafora della vita e del suo continuo cambiare, essere in movimento – tutto scorre, πάντα ῥεῖ (panta rei), come direbbe Eraclito – in un mondo sempre più social e in continua evoluzione. Il film di questo viaggio, di questi incontri, di questi eventi è raccontato attraverso 62 film di un minuto che generano un’ulteriore esperienza di condivisione creativa nello spettatore, chiamato a viaggiare anche con la propria mente attraverso suggestioni sonore e visive e stimolato ad una riflessione personale dai dialoghi filosofici dei personaggi.

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Da New York a San Francisco passando per le stazioni di Pittsburgh, Chicago, Minneapolis – St. Paul, Santa Fe – Lamy, New Mexico, Winslow, Arizona, Barstow in California, Los Angeles e Oakland, ogni città ha qualcosa da raccontare, tramandare, condividere e, nell’incontro con il viaggiatore-spettatore, contaminare generando qualcosa di nuovo, perché, in fondo, «la creatività a volte consiste nel trasformare qualcosa di familiare in qualcos’altro», l’ordinario in qualcosa di straordinario, come scrive Nolan in The prestige, e come ogni operatore cinematografico ha intenzione di fare.

Doug Aitkin riesce a coinvolgere lo spettatore se non nel processo creativo quantomeno nel viaggio dell’arte attraverso l’arte, e per l’arte, dato che tutti i proventi ottenuti sono andati a finanziare ulteriori programmi artistici “multi-museo” per tutto il 2014. Un esempio che sarebbe bello si replicasse in ogni Paese del mondo, ovunque ci sia un treno che possa portare raggiungere l’oceano, inteso come orizzonte illimitato di conoscenza.

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Tra gli artisti che prendono parte al loro film di un minuto anche il nostro Giorgio Moroder, compositore 3 volte premio Oscar per Fuga di mezzanotte, Flashdance e Top Gun, nonché autore di “The Neverending Story”, la famosissima canzone del film La storia infinita.

Il libro Station to Station, pubblicato da Delmonico Books – Prestel, presenta più di 200 immagini a colori e numerose conversazioni, che fanno da “diario di bordo” di questo magnifico treno dall’Atlantico al Pacifico.

IL DVD

 

REGIA: Doug Aitken INTERPRETI: Kenneth Anger, Olaf Breuning, Peter Coffin, Thomas Demand, Urs Fischer, Meschac Gaba, Liz Glynn, Fischli & Weiss, Fritz Haeg, Carsten Höller, Olafur Eliasson, Christian Jankowski, Aaron Koblin, Ernesto Neto, Nam June Paik, Jorge Pardo, Jack Pierson, Nicolas Provost, Stephen Shore, Rirkrit Tiravanija, and Lawrence Weiner. Musicians included Beck, The Black Monks of Mississippi, Boredoms, Jackson Browne, Cat Power, Cold Cave, The Congos, Dan Deacon, Eleanor Friedberger, The Handsome Family, Lia Ices, Kansas City Marching Cobras, Lucky Dragons, Thurston Moore, Giorgio Moroder, Nite Jewel, No Age, Patti Smith, Ariel Pink’s Haunted Graffiti, Savages (band), Mavis Staples, Suicide (band), Sun Araw, THEESatisfaction, Twin Shadow and others. Printed matter contributors included Taylor-Ruth Baldwin, Yto Barrada, Sam Durant, Karen Kilimnik, Urs Fischer, Catherine Opie, Jack Pierson, Raymond Pettibon, and Josh Smith TITOLO ORIGINALE: Station to station GENERE: documentario arte concettuale DURATA: 68′ ORIGINE: USA, 2015 LINGUE: Inglese 2.0 Dolby Digital SOTTOTITOLI: Italiano EXTRA: 10 performance/cortometraggio DISTRIBUZIONE: Wanted – CG Entertainment

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Station to station è uno dei primi prodotti targati Wanted, una nuova distribuzione che punta su voci e linguaggi rivoluzionari, che non respinge “temi scomodi”, per un cinema di ricerca e “ricercato”. Il manifesto ne espone chiaramente gli audaci intenti:

“Vogliamo proporre voci e linguaggi rivoluzionari
Affrontare argomenti scomodi
Farvi ascoltare solo chi ha davvero qualcosa da dire
Contro le logiche omologanti della legge di mercato
Chiedervi di alzare la vostra mano per il cinema che davvero volete
Nasce una nuova società di distribuzione cinematografica che parla a un pubblico sensibile e dal gusto trasversale
Pellicole raffinate, clandestine, fuori dal coro
Voci nuove, non convenzionali, a tratti rivoluzionarie
Temi senza tempo, e quindi sempre attuali”

Anastasia Plazzotta, una delle fondatrici, puntualizza il target al quale sono rivolti i prodotti Wanted: «a chi da un film si aspetta non soltanto divertimento, ma anche pensiero, stimolo, dibattito, sorpresa, approfondimento. Un cinema che non scivola via appena si accendono le luci, ma che lascia un segno nello spettatore». Niente di più vero nel caso di Station to station.

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Knock Knock, di Eli Roth in DVD

Il regista di Cabin fever e Hostel “ha dichiarato in più di un’occasione che Knock Knock può essere interpretato come un film speculare e in qualche modo complementare rispetto a The green inferno, che gli è antecedente di due anni. Dopo aver esplorato le giungle equatoriali puntando su grandi spazi che ingoiano i protagonisti nel gorgo di una Natura tanto maestosa quanto indifferente e aliena, Eli Roth contrae violentemente il luogo dell’azione di Knock Knock nel lussuoso perimetro di una villa stile Beverly Hills” [cfr. booklet interno].

«Una notte può costarti tutto».

Evan Webber [Keanu Reeves], è un architetto di successo che ha tutto quello che ha sempre sognato: una moglie bellissima, due figli amorevoli, una sfarzosa villa che lui stesso ha progettato. Da solo in casa per il weekend con davanti la tentazione che si trova in cima alla lista dei sogni erotici maschili: il sesso con due ragazze, Bel [Ana De Armas] e Genesis [Lorenza Izzo, moglie del regista], che in una notte di pioggia battente gli bussano alla porta in cerca di riparo. Significativa, a proposito di sogni, la correlazione tra la scritta sullo specchio “It was not a dream!” e la scritta “It was all a dream”sulla maglia di Genesis, a creare un forte contrasto tra la percezione di realtà e finzione.

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Il disordine, il dionisiaco, entra in un attimo nella vita dell’uomo a portare un Male che divora l’ordine, l’apollineo, che ha sempre contraddistinto quella che potrebbe essere considerata la gabbia dorata dell’uomo di successo che ha finito con l’uccidere l’anima del DJ che sarebbe potuto essere se avesse seguito altri istinti. Dietro la tentazione erotica che le ragazze rappresentano si nasconde una nuova riflessione sulla solitudine umana e sull’incomunicabilità, temi riscontrabili anche nelle altre opere del regista. Come per The green inferno, Roth parte con il girare il remake di un film, in questo caso Death game, del 1977, conosciuto anche come The seducers, per poi distaccarsene e portare lo spettatore verso il suo particolare mondo, attraverso sentieri non battuti e variando in continuazione registro: atmosfera thriller con digressioni da commedia, per poi voltare pagina sul drammatico con elementi da torture, senza però il make up splatter e violento che caratterizza il resto della filmografia del filmmaker. La violenza delle aguzzine, inoltre, si concentra più che altro sugli oggetti, in particolar modo sulle fotografie di famiglia e sulle sculture astratte dal dubbio valore artistico che la moglie del protagonista crea e vende come arte. Menzogna è la famiglia nelle foto di un uomo che voleva essere altro. Menzogna sono le sculture se «l’arte non esiste», come scrivono le due ninfette punitrici di un Male che in realtà è nascosto nell’uomo stesso, celato nelle profondità oscure del suo animo che all’esterno risplende di falsità lunare.

«Alcune porte non dovrebbero mai essere aperte».

IL DVD

REGIA: Eli Roth INTERPRETI: Keanu Reeves, Ana De Armas, Lorenza Izzo, Ignacia Allamand, Aaron Burns, Colleen Camp TITOLO ORIGINALE: Knock Knock GENERE: thriller, crime, horror DURATA: 95′ ORIGINE: USA, 2014 LINGUE: Italiano 5.1 DTS, Italiano 5.1 Dolby Digital, Inglese 5.1 Dolby Digital SOTTOTITOLI: Italiano EXTRA: Speciale “L’arte della distruzione” – Scena alternativa e finale alternativo in lingua originale con e senza commento del regista – Interviste a: Keanu Reeves, Lorenza Izzo, Ana De Armas – Trailer italiano – Fotogallery (50’ circa) – Credits DISTRIBUZIONE: Koch Media COLLANA: Midnight Factory

Midnight Factory è una nuova collana di classici contemporanei di cinema horror, thriller e fantasy mondiale. La serie si propone di portare in Italia il meglio della produzione internazionale del genere: film inediti, indipendenti, dei grandi maestri, delle giovani promesse, classici del passato, pellicole bizzarre ed estreme, piccole chicche e sequel di successi conclamati che si mescoleranno insieme secondo il comune denominatore della qualità” [cfr. booklet interno].

Nel caso di Knock Knock, il film è stato presentato al Sundance Film Festival 2015 ed è stato selezionato da Midnight Factory, in quanto opera di un maestro di nuova generazione, per avere un’edizione DVD di prestigio con packaging versione slip case, ovvero una classica custodia amaray all’interno di un involucro di cartone con apertura laterale. Disco unico, audio multicanale, sia in DTS sia in Dolby Digital, in italiano e inglese, mentre il formato video è uno spettacolare anamorphic widescreen (2.40:1). Tra gli extra si dimostrano particolarmente interessanti l’ampia sequenza a episodi alternativa della distruzione “artistica” della casa e lo speciale “L’arte della distruzione” con la riflessione dello stesso Roth sul concetto di arte («è l’oggetto in sé ad essere artistico o è il valore attribuito all’oggetto che lo rende tale?») e sul giudizio discordante che le sue opere ottengono nel mondo: capolavori o torture porn? Al pubblico spetta l’ultima parola su questo thriller ironico e beffardo con due erinni seriali che sembrano le sorelle minori dei due candidi visitatori di Funny games. Mariti fedifraghi e padri-modello ipocriti, ecco l’Attrazione fatale della nuova generazione, meditate sulle vostre scelte!

Il film è vietato ai minori di 14 anni.

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Cartes de visite. Materia sensibile: Incontro con l’artista Pablo Mesa Capella

 

Cartes de visite. Materia sensibile è un racconto per immagini. Le fotografie raccolte nei mercatini di tutta Europa afferrano istanti perduti del passato e li restituiscono al presente, fondendosi con le immagini e con i racconti catturati nel coloratissimo quartiere di San Lorenzo. Sfidando il tempo e l’usura, la memoria di questi scatti si fissa alle pareti come un mosaico di mattonelle evanescenti, che urlano a gran voce contro la dimenticanza e fanno da scenografia al teatro del mondo.


Le Cartes de visite sono definite materia sensibile. Si tratta di una connotazione oggettiva?

Le fotografie sono la materia sensibile per eccellenza perché sono soggette al passare del tempo, agli agenti atmosferici, che poco a poco incidono sull’immagine e la fanno disciogliere fino a scomparire. A volte non rimane che un’ombra, ma non è tutto. La fotografia è materia sensibile anche perché è sempre legata ad un istante particolare, ad una storia. In passato la funzione della fotografia era quella di fissare nel tempo i momenti fondamentali della vita, come la nascita o il matrimonio. Quindi è una materia sensibile non solo per la sua materia intrinseca, ma perché è l’oggetto in cui gli uomini prediligono depositare le proprie emozioni.

Queste foto sono state raccolte in tutto il mondo. Qual è la loro storia?

Ho viaggiato molto e da ogni luogo che ho toccato ho portato via un pezzo di memoria e una certa quantità di foto. Le colleziono da quando ero bambino e mi hanno accompagnato in tutto il mio percorso di vita. In particolare le foto che espongo risalgono a fine Ottocento e inizio Novecento, al momento storico in cui è nata la fotografia, e in cui rappresentava un attimo prezioso da inscrivere nella memoria, visto che per i costi e la difficoltà di realizzazione, era un lusso che ci si poteva permettere poche volte nella vita. Le cartes de visite avevano principalmente un uso privato e venivano custodite all’interno delle abitazioni, e l’intento di questa esposizione è proprio quello di riportarle alla luce e alla vita, inscrivendo la memoria privata nella memoria collettiva.

Passato e presente si incontrano a Roma nel quartiere di San Lorenzo. A cosa è dovuta la scelta di questo luogo?

San Lorenzo è un quartiere ricchissimo di spunti e accoglie un mosaico variegato di personaggi, dagli anziani, agli immigrati, agli studenti, fino ai comuni lavoratori. Ognuno di loro è stato testimone di una fase storica di questo quartiere e le immagini che li ritraggono, associate ai racconti in prima persona, le attraversano tutte. Il vissuto privato dell’individuo incontra il vissuto del quartiere, e la memoria personale diventa memoria collettiva. Così dal passato consumato delle cartes de visite il percorso della mostra conduce verso il presente delle fotografie-manifesto, materia comunicativa privilegiata a San Lorenzo, che tracciano un percorso tra le strade del quartiere e le storie dei suoi abitanti. Dal banco del pescivendolo al bar dietro l’angolo, le immagini si associano ai racconti in prima persona dei loro protagonisti e sono collocate nel luogo esatto in cui possiamo incontrarli ogni giorno.

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Il racconto associato alle immagini nasce dall’esperienza teatrale e cinematografica?

L’esposizione di fotografie associate a un racconto può essere paragonata alla messa in scena di una storia, di un vissuto, e i protagonisti di queste immagini sono evidentemente i protagonisti di questa messa in scena. Siamo abituati ad associare i suoni alle immagini in movimento, ma in questo caso le immagini sono statiche, congelate in un preciso momento storico, e spetta fonderle con i suoni mentre il corpo fisico le attraversa. La possibilità di camminare attraverso il quartiere di San Lorenzo, di vedere e rivedere queste immagini, di guardarle e di ascoltarle, trasforma l’esposizione in un’esperienza a 360 gradi per lo spettatore. Tutti i sensi concorrono per dipingere il ritratto di questi personaggi, ricostruire le loro storie e collocarle nel quartiere in cui hanno preso vita. Da un incontro fortunato, all’amore di una vita, a un lutto, a un’esperienza goliardica, le immagini diventano le piastrelle del quartiere, la scenografia di uno spettacolo teatrale itinerante, di cui rimarrà traccia sui muri di San Lorenzo anche dopo la fine della mostra.

Il progetto Cartes de visite è stato presentato per la prima volta a Maranola nel 2012 e ora giunge a Roma. Ci saranno altre esposizioni in altre città europee?

Dopo aver lasciato Málaga, la città in cui sono nato, ho attraversato da solo tutta l’Europa, fino a che per motivi di studio non mi sono fermato in Italia e qui il mio progetto ha preso corpo. Maranola e i suoi abitanti mi hanno incantato e accolto con grande tenerezza, tanto da aprirmi il privato delle loro case e concedermi le loro foto e i loro racconti più intimi. Lo stesso è accaduto nel quartiere di San Lorenzo, in cui ho creato poco a poco un rapporto di grande fiducia con gli abitanti. Il viaggio, l’incontro con persone sempre diverse e la raccolta instancabile di materiale sono la linfa del progetto Cartes de visite, che documenta il passato e il presente dei luoghi e dei momenti storici che attraversa. Per questo spero di ripetere l’esperienza in altre città europee, traendo continua ispirazione dai personaggi che popolano il teatro del mondo.

L’esposizione si è tenuta presso il Cortile Fondazione Pastificio Cerere nel cuore di San Lorenzo a Roma dal 19 giugno al 4 luglio 2013.