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Skyscraper, di Rawson Marshall Thurber

Estate. Tempo di sole, spiagge, magari squali… Troppo ovvio, e la Universal figurati se non ne è a conoscenza! Quindi perché non cercare i brividi e l’adrenalina equivalenti nel nuovo film di Rawson Marshall Thurber: Skyscraper?

Will Sawyer [Dwayne “the Rock” Johnson] è un ex agente FBI che, dopo aver perso parzialmente una gamba in un negoziato con ostaggi finito malissimo, si è costruito una nuova vita: ha sposato il medico chirurgo che l’ha salvato [Neve Campbell], ha due splendidi bambini che adora e una piccola compagnia privata che si occupa di sicurezza. Il suo nuovo lavoro lo porterà a Hong Kong, nel grattacielo più alto del mondo [the Pearl], in qualità di ispettore alla sicurezza e da quel momento niente sarà più lo stesso. Quando un delinquente senza scrupoli saboterà la torre per ricattarne il proprietario, Sawyer sarà in cima alla lista dei sospetti per la polizia… perciò di chi potrà fidarsi per salvare la sua famiglia bloccata nell’edificio? Su cosa potrà fare affidamento per entrare in una trappola di acciaio e cristallo e uscirne vivo insieme a chi ama? Sul fatto che «conosce l’edificio meglio dell’architetto che lo ha progettato»? Andiamo, siamo seri. Sulla sua preparazione militare? Beh, sì, ma ancora non ci siamo. Muscoli, ragazzi, era ovvio: parliamo di the Rock!

«Il Pearl è l’edificio più alto e più sofisticato del mondo! Lei ha costruito una città verticale! Ma così facendo lo ha esposto ad ogni sfida alla sicurezza che possa venirmi in mente»

Chi bazzica il genere disaster movie, condito con un pizzico di azione di grana grossa, sa che non deve aspettarsi grandi sorprese dalla trama. Quello su cui invece il regista può lavorare è la forma che il contenuto assumerà. Nel caso di Skyscraper non si bada a spese e gli effetti speciali sono davvero mozzafiato: le vicine di poltrona sono letteralmente saltate sui sedili come gatti di fronte ad un cetriolo (ma poi si sarà scoperto perché?) quando salti, scalate e sospensioni nel vuoto le hanno sorprese, e bisogna ammettere che spesso ne avevano ben donde.

«Sono solo un po’ nervoso»

Non è Natale, come invece accade in Die Hard – Trappola di cristallo, e il personaggio di Johnson, per quanto massiccio, per quanto calzante, non ha né la spavalderia né la battuta pronta che hanno reso il John McClane di Bruce Willis qualcosa di inarrivabile. Neanche lontanamente paragonabili.

Skyscraper si vede, ma non si rivede, è un film da arena estiva a prezzo ridotto, non vale certo un biglietto intero, magari insieme alla famiglia e the Rock vincerà pure ma non convince in queste parti drammatiche, scritte più per fungere da collante fra un gesto eroico e un salto nel vuoto. Eppure qualcosa di diverso si sarebbe potuto fare, vedere per credere The foreigner, con un Jackie Chan che picchia tutti come al solito ma lo fa con un personaggio fortemente caratterizzato, distrutto nel profondo dell’animo da una vita sfortunata e costellata di lutti.

Sarebbe stato interessante parlare di risvolti filosofico-religiosi con la solita tracotanza umana, ὕβϱις (hybris) se piace nominarla in greco, di puntare a conquistare un cielo che è prerogativa esclusiva delle sole divinità. Nessuna sottotrama, nessun messaggio implicito. Nemmeno riguardo uno scimmione che volle sfidare il drago, signore del cielo…

Citazione scena finale de La signora di Shanghai (guarda un po’ che caso…) modernizzata sostituendo i famosissimi specchi con una miriade di LCD che permettono la duplicazione infinita dei personaggi e un caleidiscopio di illusioni, ma anche questa trovata, purtroppo, è esclusivamente a scopo spettacolare, priva di una qualsiasi motivazione o di una funzione che elevi la scena e con essa l’intero film.

Skyscraper è un’americanata molto spettacolare punto, girata quasi interamente a Vancouver, e costata circa 125 milioni di dollari. Gli effetti visivi del film sono curati dalla Industrial Light & Magic, utilizzando anche la tecnologia Imax per un maggior coinvolgimento nell’azione.

Oltre a Dwayne “The Rock” Johnson [Jumanji – Benvenuti nella giungla, Doom, Il Re Scorpione, Rampage – Furia animale] e Neve Campbell [Scream, Sex crimes, The company] fanno parte del cast Noah Taylor [La fabbrica di cioccolato, Predestination], Roland Møller [Land of Mine – Sotto la sabbia, Atomica bionda, L’uomo sul treno – The Commuter] e l’interessantissima attrice-modella taiwanese e australiana Hannah Quinlivan [S.M.A.R.T. Chase].

 

Dunkirk, di Christopher Nolan

Il rigore stilistico di Christopher Nolan si confronta con un genere inedito per la sua filmografia: con Dunkirk il cinema di guerra viene smontato e riassemblato in un thriller magistrale, un prodotto originale che trascende la classificazione stessa di genere, interessando ogni tipologia di spettatore, mantenendo fede, sempre e comunque, ai marchi di fabbrica della famiglia Nolan, alle cifre stilistiche e alla poetica ormai consolidata di un autore che sa strabiliare con qualsiasi progetto.

In Dunkirk ogni storia ha il suo epilogo predestinato come da copione storiografico, ma i sentieri vitali dei suoi personaggi s’intrecciano fino a coinvolgersi, concatenarsi e annodarsi in modo che il destino dell’uno dipenda dalla sorte dell’altro in un crescendo di suspense ritmato dal ticchettìo di un meccanismo ad orologeria, il suono ideale di una sceneggiatura perfetta. Partiamo proprio da quel filo conduttore sonoro, una registrazione dall’orologio sincronizzato dello stesso Nolan, sapientemente mescolato da Hans Zimmer [Interstellar, Il cavaliere oscuro, Inception] con i rumori dei motori delle barche e dei velivoli autentici catturati dal vivo sul set. «L’energia dell’insieme è pazzesca!» esclama il montatore Lee Smith [The Prestige]. La colonna sonora, poi, è arricchita dall’adattamento, elaborato da Zimmer su suggerimento del regista, del tema crescente “Nimrod” di Edward Elgar che, secondo Nolan, è «amato dagli inglesi quanto la storia di Dunkirk stessa».

Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale durante la leggendaria Operazione Dynamo che doveva portare in salvo i 400 mila soldati in ritirata, braccati dai nazisti e bloccati sulle coste francesi a 10km dal confine con il Belgio. Seguendo uno stile ormai ben formato, Nolan propone un montaggio non lineare, o meglio un intreccio che segue più linee narrative, montate in maniera tale da dilatare o accorciare a proprio piacimento i tempi narrativi. Giocare con il tempo è uno dei marchi della sua filmografia, ma stavolta si sfiora la perfezione: i personaggi si muovono su tre scenari diversi legati indissolubilmente all’elemento naturale che rappresenta il loro sfondo – l’aria, dominata dagli Spitfire in lotta contro il tempo per difendere la fuga degli uomini intrappolati sulla spiaggia o sulle navi disponibili a tentare l’impresa impossibile – mentre il fuoco, degli aerei, dei fucili e dei sottomarini, divide e sottolinea i gesti epici.


-Bravi!
-Siamo solo sopravvissuti
-È abbastanza. Ben fatto!

Quando Dunkirk inizia, lo schermo sparisce e hai la netta sensazione di sentirti abbracciare il cuore da emozioni avvolgenti, che però non arrivano dirette, ma prendono strade tortuose e per questo più interessanti da scoprire. Si tratta di un altro espediente, ormai classico, del regista, mai diretto, mai scontato, che spinge lo spettatore a tenere viva l’attenzione sul particolare, in tensione dall’inizio alla fine per svelare l’enigma, per risolvere ogni mistero e vivere un’avventura, come del resto è giusto che sia in una sala cinematografica.

Non manca di certo nemmeno un’immersione profonda nel tema del doppio che, come da filmografia, è basato su una divisione per niente manichea tra il Bene e il Male, come accadeva per i protagonisti di The Prestige, di Insomnia o Inception. Un evidente parallelismo con The Prestige, poi, si può notare nel finale, quando gli elmetti sulla spiaggia di Durkirk, riecheggiano la moltitudine di lampadine, cappelli e vasche del film sui prestigiatori e sul costo umano della loro guerra.

«È stato un momento fondamentale per la Seconda Guerra Mondiale. Se l’evacuazione non fosse andata a buon fine, la Gran Bretagna sarebbe stata costretta ad arrendersi. Il successo permise a Churchill di imporre l’idea di una vittoria morale e di galvanizzare le truppe. Se dal punto di vista militare è stata una disfatta, sul piano umano è stato un successo colossale». Un momento fondamentale della Storia che Nolan racconta quasi esclusivamente per immagini – spettacolari, sotto ogni punto di vista, e senza ricorrere alla CGI, sotto la supervisione di Hoyte Van Hoytema [Interstellar] – lasciando uno spazio esiguo ai dialoghi che risultano ridotti all’osso ma sicuramente intensi, affidati a Kenneth Branagh [Jack Ryan – L’iniziazione, Hamlet, Frankenstein di Mary Shelley], Mark Rylance [Il ponte delle spie], Cillian Murphy [Batman Begins, Inception, Il cavaliere oscuro] e Tom Hardy [Mad Max: Fury Road, Revenant – Redivivo, Locke].

«Ho passato molto tempo a vedere e rivedere molti film muti – ha rivelato il regista – in particolare Rapacità, Intolerance e Aurora, per studiare le scene di massa, il modo in cui si muovono le comparse, come è sfruttato lo spazio, i punti di vista usati». Gran parte dei 400 mila soldati bloccati sulla spiaggia erano dei ragazzi giovanissimi, praticamente dei bambini trascinati a forza in un inferno di fuoco. Per trasmettere al pubblico il loro disorientamento, Nolan ha scritturato «attori giovan e freschi, senza un curriculum particolarmente ampio alle spalle, in modo che gli spettatori potessero immergersi completamente nel film senza riconoscere personaggi famosi». Giovani leve da affiancare ai suddetti “mostri sacri”. Unico strappo alla regola Harry Styles degli One Direction.

Durkirk non è solo un film. È un monumento alla determinazione dell’uomo, quella determinazione dettata dall’istinto di sopravvivenza e dalla voglia di rivalsa, nonchè una bandiera della solidarietà, del coraggio e del senso di unità di un’intera nazione. Spettacolare. Monumentale. Magistrale.

Billy Lynn – Un giorno da eroe, di Ang Lee

Una coproduzione Stati Uniti – Regno Unito – Cina permette ad Ang Lee di adattare per il grande schermo il romanzo di Ben Fountain Lynn’s Long Halftime Walk [È il tuo giorno, Billy Lynn!] ed il regista di Vita di Pi, La tigre e il dragone ed I segreti Brokeback Mountain, lo utilizza per sperimentare una frequenza di cattura e riproduzione dei fotogrammi da record. Billy Lynn – Un giorno da eroe è, infatti, il primo film ad essere realizzato a 120 fotogrammi al secondo in 3D con una risoluzione ad altissima definizione (4K) ottenuta grazie ad una Sony CineAlta F65, equipaggiata con lenti Zeiss Master Prime.

«È strano essere celebrato per il giorno più brutto della tua vita!»

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Il diciannovenne soldato William “Billy” Lynn diventa un eroe nazionale dopo un pericolosa azione di guerra in Iraq. Rimpatriato per due settimane insieme ai suoi commilitoni della Bravo Squad, deve affrontare il Victory Tour, ossia tutta una serie di interviste, comizi pubblici che si concludono con la partecipazione alla Thanksgiving Thursday Night, la tradizionale partita di football del giorno del ringraziamento, con tanto di show delle Destiny’s Child [controfigure sempre riprese di spalle, una vera caduta di stile e di prestigio per una produzione di così alto livello]. Lynn, ancora traumatizzato dall’esperienza in Iraq e dalla morte di un suo superiore, dovrà vedersela con un nemico interiore difficile da battere: il proprio istinto di sopravvivenza e il desiderio di essere felice, entrambi illuminati dalle luci della ribalta. Sia lui che i suoi compagni mostrano chiari i sintomi del disturbo post-traumatico da stress, o Post-Traumatic Stress Disorder (PTSD) secondo la dicitura internazionale. Riusciranno a non impazzire? E Billy cosa sceglierà tra i desideri da ragazzo che cercano di farsi largo nel suo cuore di soldato e il simulacro dell’eroe che i media hanno costruito e che lui continua ad interpretare con estrema lucidità? sempre che una scelta ce l’abbia davvero…

«Siamo una nazione di bambini andati a crescere da un’altra parte o a farsi ammazzare»

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Billy Lynn è Joe Alwyn al suo esordio come protagonista. Se la cava bene: molto espressivo e ben calato nella parte dell’ex-teenager che si ritrova catapultato in una situazione troppo spesso mitizzata dai media e che si dimostra più grande di lui. Billy Lynn dovrà decidere cosa fare della sua vita, se crescere e tornare al fronte dove forse è già stata sparata la pallottola con il suo nome sopra o se avere una seconda occasione di vivere la propria vita in tranquillità, godendosi il successo effimero delle sue gesta eroiche. Del cast fanno parte anche Kristen Stewart, Vin Diesel, Steve Martin, Chris Tucker e un sorprendente Garrett Hedlund [è stato Patroclo nel Troy di Wolfgang Petersen e James Uncino in Pan – Viaggio sull’isola che non c’è di Joe Wright], che tiene in riga la trama come i suoi sottoposti, un bel plotone di caratteristi niente male, di cui probabilmente sentiremo ancora parlare nel prossimo futuro.

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Più un film tv di lusso che una pellicola cinematografica di interesse a tuttotondo: la fotografia, anche nelle scene di azione nel deserto, è pulita, troppo pulita, come se tutto fosse irreale e quindi il trasporto delle emozioni è affidato alla sola introspezione del protagonista; il montaggio, anche in occasione dei flashback, appare giustapposto e mai studiato dal punto di vista estetico; le inquadrature sono più che altro a composizione centrale, utilizzando solo raramente diagonali e prospettive, confidando che gli occhi gonfi di lacrime del protagonista s’incontrino con quelli dello spettatore nel momento in cui guardano in macchina; gli scavalcamenti di campo disorientano lo spettatore ma ormai chi conosce lo stile (o non-stile) Ang Lee vi è abituato e può associarlo ad una volontà di dar risalto al sottotesto metacinematografico. Scavalcamenti, sguardo in macchina, montaggio giustapposto e inquadrature centrali concorrono probabilmente a fornire un punto di vista ulteriore su quanto i media possano far salire sul piedistallo alcuni eroi e farli scendere a velocità doppia una volta esaurito il serbatoio dell’interesse mediatico. Se anche può sembrare affascinante questa interpretazione, provate ad immaginare il tutto girato da Clint Eastwood e una sensazione di spreco vi prenderà lo stomaco più di ogni azione militare presente nel film. Rimane la sperimentazione tecnica, quella sì all’avanguardia:  120 fotogrammi al secondo significa cinque volte la velocità standard di 24 fps (25 nel sistema PAL) e due volte il precedente record detenuto da Peter Jackson con il suo Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato.

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Warcraft – L’inizio, di Duncan Jones

«Nessuno può contrastare le tenebre da solo».

Warcraft è una saga fantasy creata dalla Blizzard Entertainment e iniziata con la pubblicazione del primo videogioco strategico in tempo reale Warcraft: Orcs & Humans, datato 1993. Progettato nella speranza di venderne un milione di copie, il gioco è arrivato a 15 milioni ed è diventato un prodotto talmente trionfale che è diventato un tie-in di proporzioni colossali: oltre ad una serie potenzialmente infinita di videogiochi, sono stati prodotti romanzi, manga, fumetti nonché giochi da tavolo e di carte e ogni sorta di materiale collezionabile. Inoltre, come accaduto per altre saghe di successo planetario quali Star Wars o i supereroi Marvel e DC, l’ambientazione creata per l’occasione assurge ad essere chiamata Warcraft Universe.

Un universo fantasy popolato da creature di ispirazione tolkieniana – incantatori, re giusti e saggi, stregoni malvagi, orchi, elfi, nani – ma anche da mostri tratti direttamente dai bestiari popolari – golem di argilla, grifoni, warg, maelstrom, entità arcane che vivono in torri altissime, chimere, ippogrifi, titani – frutti di antiche leggende, contaminate dalle culture delle varie etnie affrontate in battaglia nel corso di millenni e dalla creatività dei bardi, che giravano il mondo ognuno con le proprie chansons de geste di personaggi stratificati dall’incontrollabile tradizione orale. Storie avvincenti che ricordano in parte anche il ciclo bretone, con un re giusto e lungimirante come Artù, un asso della guerra come Lancillotto e un mago potente al servizio della corona come Merlino. Il protagonista, Lothar, oltre ad una combattività senza pari, può vantare una forte componente strategica, un’evidente facilità di ragionamento e sangue freddo in situazioni complicate e veloci, che lo accomunano all’Ulisse omerico. Forse, un giorno, le generazioni future studieranno come esempi di epica cavalleresca, alla stregua de «le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese» di cui narra Ludovico Ariosto.

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Warcraft – L’inizio, il film di Duncan Jones [Moon, Souce code], figlio di David Bowie, è l’adattamento cinematografico di Warcraft: Orcs & Humans, videogioco del 1994, il primo della saga di Warcraft. Le vicende trattate coincidono con il periodo della Prima Guerra e si svilupperanno nel bel mezzo della linea temporale del Warcraft Universe che è in continua evoluzione verso una direzione qualsiasi, basti pensare che il 30 agosto ci sarà la fila per il nuovo gioco World of Warcraft: Legion. Ma torniamo al film.

Draenor, il pianeta degli orchi, sta morendo e lo stregone Gul’dan [Daniel Wu], unisce i clan degli orchi in una temibile Orda, con la promessa di guidarli in un nuovo mondo, popolato da umani: Azeroth. Attraverso un portale magico che mette in comunicazione mondi paralleli, una brigata di guerrieri scelti segue Gul’dan in avanscoperta, per catturare quanti più nemici possibile e nutrire così il Vil, la magia che attiva il portale, una magia che Gul’dan padroneggia per produrre vita ed energia a suo piacimento, ma che, allo stesso tempo esige un orrendo tributo: altre vite, rendendo malvagio il postulato del chimico Lavoiser, alla base della legge della conservazione della massa: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Il pacifico regno di Azeroth è costretto, quindi, ad affrontare gli invasori. Alle prime notizie di attacchi, sir Anduin Lothar [Travis Fimmel], comandante militare del regno di Roccavento, un giovane e curioso mago di nome Khadgar [Ben Schnetzer] e il re di Roccavento Llane Wrynn [Dominic Cooper] consultano Medivh [Ben Foster], il leggendario Guardiano, ma la situazione diventa presto molto più intricata di una semplice battaglia tra imboscate, strategie, tradimenti, indagini parallele, incantesimi e personaggi che tramano nell’ombra.

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Memorabili i personaggi di Durotan [Toby Kebbell], Draka [Anna Galvin] e Orgrim Martelfato [Rob Kazinsky], orchi del Clan dei Lupi Bianchi, unici oppositori interni alla tirannia di Gul’dan. Si aggregheranno all’Alleanza che difende Azeroth o soccomberanno al potere del Vil?

Nella schiera degli orchi si fa notare, poi, Paula Patton, bellissima nei panni della mezza orchessa Garona, la “maledetta”, destinata a non essere accettata perfettamente né dall’una né dall’altra parte, come tutti i mezzosangue… o forse ci sarà un giorno del tenero con il valoroso Lothar? E poi, chi sopravvivrà? A chi apparterrà il pianeta alla fine delle guerre?

«Dalla luce viene la tenebra e dalla tenebra viene la luce».

123 giorni di riprese, interamente girato con le Arri Alexa XT Plus con tanto di lenti Leica Summilux-C ed esportato in formato ARRIRAW da 3.4K per una lavorazione ottimale degli effetti speciali e del 3D, Warcraft è distribuito nelle sale con un’aspect ratio spettacolare secondo il rapporto 2.35 : 1. Cosa vuol dire? Se volete apprezzare appieno degli stupefacenti effetti visivi della celebre Industrial Light & Magic, presenti in più di mille inquadrature, con motion capture e integrazioni digitali fornite dalla stessa Blizzard Entertainment, scegliete un cinema dotato di occhialetti con sensore e non quelli usa e getta!

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Mentre l’eroe di turno vola su un grifone una meravigliosa CGI si sbizzarrisce nel mostrarci un panorama che sembra uscito dalle opere di Fenghua Zhong. Un territorio simile a quello ameno della Contea degli hobbit con architetture cittadine e regali che richiamano l’immaginario medievale di Camelot o, se si vuole, gli scenari del tanto amato Game of thrones, con rimandi palesi alle culture orientali: il luogo del concilio dei sei maghi, il Kirin Tor, assomiglia tantissimo nel nome e nelle sembianze alla Karin Tower del manga Dragonball e, conoscendo il disegnatore Akira Toriyama, non può che trattarsi un rimando ad una qualche leggenda storpiata per l’occasione in un farsesco Karin-Tō” (カリン塔), un gioco di parole per indicare dei popolari dolci al sesamo chiamati Karintō (花林糖).

La pellicola, inizialmente programmata per il 18 dicembre 2015, è stata posticipata per evitare la sovrapposizione di due universi con l’attesissima uscita di Star Wars: Il risveglio della Forza. Verrà distribuita nei cinema statunitensi a partire dal 10 giugno 2016, mentre, in Italia è nelle sale già dal 1 giugno 2016.

«Per Azeroth! Per l’Alleanza!».

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Dracula Untold in DVD

1462. Transylvania. Cresciuto e addestrato come soldato fin da bambino dall’esercito dell’impero ottomano, Vlad III di Valacchia [Luke Evans] è noto sui campi di battaglia come “l’impalatore” dal momento che trafiggeva i nemici con lunghe lance e li lasciava, appunto, impalati nel terreno come forma di terrore psicologico. Liberatosi dal suo incarico e pentitosi di tutte le atrocità compiute, Vlad diventa principe di Transilvania. Rispettato sovrano, devoto marito di Mirena e amorevole padre di Ingeras, quando il destino lo metterà di fronte ad una crudele scelta Vlad dovrà decidere se sacrificare la propria famiglia in onore del sultano o condannare il suo popolo ad una sanguinosa guerra impari. Il desiderio di salvare amore e onore contemporaneamente lo spinge a stipulare un patto con un Male antico, celato in un’oscura grotta da tempo immemore, bloccato da una potente maledizione. Riuscirà a rispettare il patto? Potrà nascondere il suo orrendo segreto? Nella sua anima spaccata in due dall’insano contratto, quale parte prenderà il sopravvento?

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La genesi della figura del Principe delle Tenebre, elaborata da Matt Sazama e Burk Sharpless [Gods of Egypt, nelle sale italiane dal 25 febbraio, e The Last Witch Hunter – L’ultimo cacciatore di streghe], e diretta dall’esordiente prodigio Gary Shore, è un film dove l’azione è sovrana, più della lugubre atmosfera che, probabilmente, è da pensare in divenire come, del resto, la consapevolezza dei poteri e dell’immortalità del novello Dracula. Immortalità che non è solo diegetica: secondo quanto riportato da IMDb sono più di 300 i film in cui compare il vampiro ideato da Bram Stoker, un numero secondo solo a Sherlock Holmes. Il totale, addirittura, triplica se si considerano anche i personaggi apocrifi, non ufficialmente tratti dall’opera. Un successo dovuto all’universalità dei temi, amore, odio, morte, onore, vendetta, inganno, e della versatilità di un personaggio che non a caso è stato scelto dalla Universal Pictures per fungere da capostipite del reboot project Monsters Universe.

IL DVD

 REGIA: Gary Shore INTERPRETI: Luke Evans, Sarah Gadon, Charles Dance, Dominic Cooper, Noah Huntley, William Houston TITOLO ORIGINALE: Dracula Untold GENERE: horror, fantasy, azione, drammatico, guerra DURATA: 88′ ORIGINE: USA, 2014 LINGUE: Inglese, Italiano, Francese, Spagnolo SOTTOTITOLI: Inglese per non udenti, Italiano, Francese, Spagnolo, Olandese EXTRA: nessuno DISTRIBUZIONE: Universal Pictures

L’edizione scelta per Dracula Untold è semplice, a disco unico, senza alcun contenuto extra che distolga l’attenzione dal prodotto cinematografico che, in questo modo, può valorizzare al meglio le specifiche tecniche di tutto rispetto per gli standard da home cinema: l’audio multilingue è in Dolby Digital 5.1 in qualsiasi lingua e il formato video è uno spettacolare anamorphic widescreen (2.40:1) che mette in risalto tutta la CGI utilizzata per gli effetti speciali ed anche i costumi e il trucco che sono stati premiati ai Saturn Awards del 2015, dove è stato valutato il miglior film horror dell’anno.
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