Jason Flemyng

Viy – La maschera del demonio, di Oleg Stepchenko in DVD

Il plot di Viy – La maschera del demonio nasce infatti nel 2006. I produttori, fra cui spicca una vecchia conoscenza della Midnight Factory [l’Uwe Boll che ha finanziato la saga Zombie Massacre] e il regista Oleg Stepchenko volevano celebrare il bicentenario della nascita di Nikolaj Vasil’evic Gogol’, il romanziere e drammaturgo, considerato uno dei grandi della letteratura russa, che si distinse per la grande capacità di raffigurare situazioni satirico-grottesche che esaltavano la mediocrità umana, con uno stile visionario e fantastico tanto da essere definito da molti critici un precursore del Realismo magico. Di lui afferma lo stesso Dostoevskij: «Siamo tutti usciti dal Cappotto di Gogol’».

Viy – La maschera del demonio è generato dall’unione fra le storie della narrativa di matrice popolare e la prepotente influenza della tradizione horror di ambientazione gotico-fiabesca. Viene subito in mente Mario Bava. Quel sottotitolo che ricalca proprio uno dei suoi film maggiormente conosciuti non permette un confronto che non sia impari, per questo motivo me ne guarderò bene dall’effettuarlo. Il rischio che al solo proporlo si rischi la lesa maestà mi atrofizza le falangi. Basta solo osservare come la donna non sia mai un personaggio portante ma sia utilizzata come oggetto di guerriglia marketing. Magari sarò smentito dai seguiti, ma Olga Zaytseva, per quanto bellissima e ben preparata, non sarà mai ricordata come la nuova Barbara Steele e purtroppo non è un problema solo di Viy.

Viy – La maschera del demonio non si attiene pedissequamente al contenuto del racconto Vij (il diverso modo di scrivere non è un errore di battitura ma riguarda le classiche faccende burocratiche di copyright e simili), bensì mira a creare tutta un’ambientazione suggestiva che possa fare da sfondo non solo a quest’avventura fantastico-gotica, ma anche ad altre vicende successive o parallele. Un personaggio realmente esistito come Guillaume Le Vasseur de Beauplan, cartografo francese dalla biografia rocambolesca, che ha mappato il terriorio intorno a Praga e i Carpazi, luoghi dove Viy è stato girato, e per aver studiato gli usi e i costumi delle popolazioni più romite dell’Ucraina. Ma è inutile ripetere quanto potete ritrovare nel booklet del DVD, ben nutrito di informazioni e curiosità di questo genere.

Nel film di Stepchenko tutto è giocato sulla sensazionalità e sulla spettacolarità degli episodi “magici”. Proprio alla luce di questo, la sensazione che si ha è che si sia voluto andar troppo oltre, alzare l’asticella fin dove la sceneggiatura originaria non poteva arrivare, stirandola il più possibile per inserire tematiche a oltranza. Questa sovrabbondanza di trame e sottotrame rende Viy un “frankenmovie” più simile a quegli azzardati pastiche che mescolano elementi e personaggi estrapolati praticamente da qualsiasi argomento abbia un minimo di connessione, è dove non c’è la si crea, ovvio:

  • Il cartografo protagonista è costruito sulla base solida del personaggio realmente esistito ma resta veramente flebile il suo apporto carismatico nello sviluppo della storia. Non per niente l’attore Jason Flemyng ha sempre ricoperto ruoli secondari.

  • La battaglia eterna potere temporale e potere spirituale e quella tra i culti pagani tramandati dalla notte dei tempi e il cristianesimo meschinamente imbonitore di folle con qualsiasi mezzo.

  • Il magico che è nascosto in ogni dove, sempre che si abbiano gli occhi debitamente chiusi e la mente abbastanza aperta.

  • L’amore che si lega con la morte nel classico connubio ellenico di eros e thanatos.

« Abbi timore degli occhi di Viy, l’antico dio che abita nel buio eterno della caverna. I suoi occhi hanno messo radici nella terra: se un uomo dovesse guardarlo, allora quell’uomo morirebbe e nessuna preghiera potrà vincere la misteriosa paura. Le persone anziane dicono questo, e anche i loro avi. Nelle notti d’estate giovani donne in cerca del vero amore lasciano fluttuare nell’acqua candele e ghirlande di fiori. E se un uomo raccoglie la tua ghirlanda, saprai che è lui il tuo destino. Fin dall’inizio dei tempi, quando la terra e gli dei erano giovani, questa tradizione ha vissuto nel cuore del popolo slavo. Candele accese ora fluttuano nell’oscurità».
Così la voce narrante introduce lo spettatore in un mondo in cui le tenebre aleggiano tra gli uomini e ne avvolgono i sentimenti fino a far perdere il confine fra il Bene e il Male.

SINOSSI. 18° secolo. Il cartografo Jonathan Green è impegnato in un lungo viaggio di esplorazione scientifica. Dall’Europa continentale le sue ricerche lo spingono sempre più verso Est, nella valle del Danubio, dove alcune teorie fanno risalire l’origine della civiltà. Dopo aver attraversato la Transilvania e i Carpazi, Jonathan si perde nella nebbia nel tentativo di sfuggire ad un branco di lupi che sembrano usciti da un girone dell’inferno. Trova rifugio e ospitalità (non tantissima in realtà) in un piccolo villaggio sperduto in mezzo ai boschi, dove gli abitanti sembrano temere una figura arcana, una sorta di re degli gnomi, Viy. Una parte del villaggio è diventata interdetta a chiunque per proteggersi, ma se il Male che tanto temono si fosse già annidato nelle loro anime in attesa del momento opportuno per uscire allo scoperto? Infine, un ulteriore mistero aleggia in questa società isolata dal mondo esterno: «chi si nasconde nella pelle di montone?»

IL DVD

 

REGIA: Oleg Stepchenko INTERPRETI: Jason Flemyng, Charles Dance, Andrey Smolyakov, Agne Ditkovskite, Alexey Chadov, Anna Churina, Emma Cherina TITOLO ORIGINALE: Viy GENERE: horror, thriller DURATA: 107′ ORIGINE: USA, 2016 LINGUE: Italiano 5.1 DTS, Italiano 5.1 Dolby Digital, Inglese 5.1 Dolby Digital SOTTOTITOLI: Italiano EXTRA: Making of – Interviste a Jason Flemyng – Trailer – Backstage (50’ circa) – Credits DISTRIBUZIONE: Koch Media COLLANA: Midnight Factory

Midnight Factory è una nuova collana di classici contemporanei di cinema horror, thriller e fantasy mondiale. La serie si propone di portare in Italia il meglio della produzione internazionale del genere: film inediti, indipendenti, dei grandi maestri, delle giovani promesse, classici del passato, pellicole bizzarre ed estreme, piccole chicche e sequel di successi conclamati che si mescoleranno insieme secondo il comune denominatore della qualità” [cfr. booklet interno].

Nel caso di Viy, il film è stato selezionato come film weird di grande successo nel mercato home video per avere un’edizione DVD di prestigio con packaging versione slip case, ovvero una classica custodia amaray all’interno di un involucro di cartone con apertura laterale. Disco unico, audio multicanale, sia in DTS sia in Dolby Digital, in italiano e inglese, mentre il formato video è un widescreen non troppo spettacolare da 1.78:1. Tra gli extra si dimostra particolarmente interessante soprattutto il Making of, da vedere e ascoltare, perché spiega la genesi, la realizzazione e il significato del film attraverso le parole dei protagonisti e degli addetti ai lavori!

Di indubbio interesse il booklet del DVD Viy – La maschera del demonio, con i testi curati da Manlio Goramasca e Davide Pulici della rivista Nocturno Cinema.o Sfrondato il discorso dalle eccessive esaltazioni dovute alla committenza, risulta estremamente suggestiva la storia che i giornalisti riportano della genesi dell’opera. A corredo dell’analisi del film potrete trovare anche un excursus sul rapporto intercorso negli anni fra il racconto di Gogol’ e il cinema e soprattutto con la famiglia Bava.

La ricchezza sfarzosa delle scenografie e dei costumi, peraltro ben curati, impreziositi da un grande lavoro di makeup e di visual FX prima che in CGI e 3D – lavoro vibile nel backstage e making of – non riescono a nascondere in una coltre di fumo le carenze imputabili alla sceneggiatura, probabilmente rimaneggiata più volte per innestare sempre più elementi “vendibili”, e al montaggio, che risente notevolmente della mancanza di una struttura artistico-narrativa vera e propria. Ad uccidere definitivamente ogni resistenza ci pensa poi il doppiaggio, non solo quello italiano, ma anche quello inglese, che rendono i personaggi delle risibili caricature mai credibili. Tra editing e doppiaggio non si capisce dove finiscano i difetti dell’uno e dove inizino i demeriti dell’altro. Fortuna che a condire il tutto c’è una massiccia dose di ironia che permette di alleviare i buchi nella narrazione e allentare la tensione emotiva. Nulla di non visto, insomma. Un film che sarebbe potuto essere un buon prodotto, ma che riesce solo a rendere perplesso e smarrito lo spettatore per quasi due ore di visione.

Il film è vietato ai minori di 14 anni. Eppure non presenta tematiche scioccanti o scene particolarmente raccapriccianti, magari più di un Ghostbusters, ma sicuramente molto meno di un collega di genere, Il racconto dei racconti, che è stato valutato un film adatto a tutti, nonostante i riferimenti espliciti alla sfera sessuale e una bella mangiata di cuore crudo! C’è da dire, però, che come per il film di Garrone, il merito di questo tipo di prodotto cinematografico sta nel coraggio di portare sullo schermo, piccolo o grande non fa molta differenza se l’obiettivo raggiunto è simile, la letteratura nascosta o dimenticata. La cultura d’oltralpe, in Italia, spesso rimane sepolta sotto la valanga di informazioni, studi e dissertazioni sulla letteratura classica italiana. Se non fosse per qualche capatina tra le letterature straniere si potrebbe parlare di trust! Ma anche queste capatine nell’esotico vanno a privilegiare quasi esclusivamente la cultura anglosassone che così va a cannibalizzare ogni possibilità per le altre di riscontrare rinnovato interesse nelle nuove generazioni, senza poi meritare poi davvero, Shakespeare a parte – diciamolo una buona volta! – questa supremazia. Quindi ben vengano nuove pellicole, sempre migliori, che possano far emergere letterature e generi che portino novità e allarghino gli orizzonti dello spettatore medio.

Viy – La maschera del demonio è stato girato quasi completamente a Praga e dintorni in maniera che potremmo definire classica, artigianale e, secondo il sistema ormai consolidato delle produzioni a basso budget, il prodotto così ottenuto ha invogliato i produttori ad incrementare il budget “costringendo” la crew a rigirare il tutto con il sistema Real 3D Stereotec, lo stesso utilizzato da altri blockbuster di successo come Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe. Certo non lo si potrà mai considerare un kolossal di livello mondiale, ma per la cinematografia locale il film è stato un successo. A fronte di un budget stimato intorno ai 26 milioni di dollari, Viy ne guadagna ufficialmente 51 nella sola Russia!

Già pronto il seguito. Un segno dei tempi: la gente sente l’estremo bisogno di ridere e subordina a questo ogni altro elemento di un film o di un libro, compresa la storia, che invece dovrebbe essere la base su cui si costruisce tutto il resto. Il titolo provvisorio è Viy 2 – Journey to China.

SINOSSI. Il viaggiatore inglese Jonathan Green nel tentativo di continuare a mappare l’Estremo Oriente Russo si ritrova ancora una volta smarrito in un lungo viaggio pieno di incredibili avventure che lo condurranno in Cina. Tra scoperte mozzafiato, creature bizzarre, principesse cinesi, il cartografo dovrà inaspettatamente confrontarsi con maestri di arti marziali mortali,  il re di tutti i draghi e, soprattutto, avrà un nuovo faccia a faccia con Viy. Lo scetticismo dello scienziato potrà mai avere definitivamente la meglio sulla più antica magia nera che ha trovato dimora nelle terre d’oriente?

Tra gli interpreti, udite udite, nientepopodimenoché Jackie Chan, Arnold Schwarzenegger e Rutger Hauer. Da non crederci.

Gemma Bovery, di Anne Fontaine

I personaggi di Posy Simmonds balzano fuori dalle pagine della sua graphic novel e si fanno vivi tra le mani di Anne Fontaine, che li plasma con la stessa morbidezza dell’opera originaria, riportando sul grande schermo un classico della letteratura francese in una salsa squisitamente inglese.

Martin massaggia la pasta del pane come il corpo sinuoso di una donna, immerge i sensi in quella massa accogliente, e in quel gesto così naturale si ricongiunge con la terra, con la crosta terrestre da cui è nata la vita. Ogni notte ripete il suo esercizio sensuale per cancellare i pensieri più oscuri e ritrovare in quella sostanza primordiale la pace di un anima irrisolta, che ha abbandonato le velleità intellettuali per ritirarsi in Normandia a gestire il vecchio forno di suo padre. Martin è presente con il corpo in quella campagna sconfinata, ma non con la mente, che saltella da un romanzo all’altro, fantasticando sulle passioni brucianti delle sue eroine, lontanissime dalla sua quotidianità di tiepidi affetti. Ma un giorno, all’improvviso, nella casa accanto alla sua arriva una coppia di inglesi dal nome singolare: Charles e Gemma Bovery. I suoi sensi assopiti si risvegliano e la sua fantasia letteraria si mette immediatamente all’opera.

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Gemma è di una bellezza prorompente, magnetica, e l’algido marito è troppo preso dal suo lavoro per accorgersene. Nell’istante stesso in cui la vede, Martin torna ad essere il ragazzo che faceva pensieri peccaminosi tra le pagine di Madame Bovary, la femme fatale eternamente insoddisfatta, che saltava da un letto all’altro per colmare la sua fame incontenibile di passione. Proprio come il suo alter ego letterario, Gemma è disinibita e generosa e Martin non può fare a meno di osservarla continuamente, come un regista attento con la sua attrice protagonista, per studiare i gesti con cui seduce inconsapevolmente tutti gli uomini che incontra, e imbastire su di lei una fantastica storia d’amore e tradimenti, che si consuma tra le lenzuola annoiate delle tranquille campagne della Normandia. Il vecchio panettiere è il deus ex machina onnipresente ma invisibile di una storia che si svolge nella sua mente più che sotto i suoi occhi, e la sua musa prediletta è perennemente al centro della scena, mentre presta il suo corpo sinuoso e il suo viso pulito a torbidi incontri extraconiugali con i signorotti locali. Martin manovra i suoi personaggi ad arte, seguendo un copione che conosce a memoria, ma quanto più questi ricalcano i comportamenti dei loro gemelli letterari, tanto più lottano per districarsi dal ruolo che gli è stato imposto, rivendicando la libertà d’azione nella loro presenza in carne e ossa sulla scena contemporanea.

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Nel racconto per immagini di Anne Fontaine la vita imita l’arte con tutti i mezzi che le sono concessi, dal classico francese di Flaubert alla graphic novel di Posy Simmonds, e dall’opera a fumetti al cinema. Gemma Bovery è tratteggiata con ironia e la sua personalità complessa viene accarezzata dal punto di vista di tutti gli uomini che ne sono ammaliati, dal panettiere curioso, al marito distaccato fino agli amanti che volteggiano instancabilmente nella sua vita. Nessuno rimane indifferente al suo potere seduttivo, neanche Anne Fontaine, che affida alla sensualissima Gemma Artenton il compito di far girare tutto il mondo attorno alle sue forme sinuose e di travolgere emotivamente chiunque posi lo sguardo su di lei. D’altro canto non è la prima volta che la bella attrice arriva a portare scompiglio nella quiete bucolica, infatti già in Tamara Drewe – Tradimenti all’inglese di Stephen Frears la Artenton aveva sconvolto con i suoi costumi dissoluti un villaggio del Dorset, prestando ancora una volta anima e corpo alle matite della Simmonds. Ma Anne Fontaine conferisce un valore aggiunto al suo adattamento, ammorbidendo i tratti della Simmonds con le tonalità pastello del cinema francese e con l’ironia sottile sui costumi inglesi che la lontananza culturale le concede, fino a creare un’opera che coniuga linguaggi diversi in una deliziosa armonia di forme d’arte.