Melodie cupe emergono dal sottosuolo, dalle cantine buie e dai meandri più oscuri delle anime tormentate. Suoni quasi inaudibili dall’orecchio comune, che fatica a comprendere il significato di quelle litanie demoniache, ma non può fare a meno di lasciarsi trascinare in uno stato di trance, che libera i mostri più spaventosi dalle gabbie della ragione e ispira azioni terribili.
The Devil’s Candy non è altro che un lungo incubo forgiato nella musica metal, negli assoli di chitarra che fanno tremare le pareti, rivoltare i crocifissi e risvegliare i morti, mentre il diavolo in persona si insinua tra le note e i pensieri delle sue vittime. I Sun 0))), gli Slayer, i Machine Head e persino i Metallica sono chiamati a raccolta dal signore oscuro per reclutare nuovi adepti da mangiare e rivomitare nel mondo come caramelle succose. Grandi nomi del rock per un film in cui la musica non è soltanto una colonna sonora ma l’elemento essenziale della narrazione a partire dalla primissima scena, in cui il misterioso Ray viene svegliato nel pieno della notte da sinistri sussurri che lo spingono a suonare riff assordanti, fino a che sua madre non entra nella stanza e lui le fracassa il cranio a colpi di chitarra elettrica.
Ma la musica è anche la passione che unisce la famiglia protagonista del film, con il pittore metallaro Jesse, sua moglie Astrid e la loro figlia adolescente, che già sente un richiamo incontenibile per l’heavy-metal e per questo è la candidata ideale per diventare la prossima caramella del diavolo. Quando la famiglia si trasferisce in una nuova casa, acquistata a poco prezzo per via del suo triste passato, l’oscurità inizia a entrare nelle loro vite, e a prendere possesso di Jesse e dei suoi quadri, che mano a mano diventano più inquietanti. Da questo momento in poi la discesa agli inferi è inevitabile e raggiunge picchi di orrore senza precedenti fino al climax finale.
Come un grande festival dell’heavy metal The Devil’s Candy di Sean Byrne racconta l’orrore passando per le partiture musicali che lo accompagnano, tutte abilmente connesse con la figura del demonio, ma benchè questo sia un forte elemento di caratterizzazione del film, non è sufficientemente potente da bilanciare una storia che altrimenti risulterebbe alquanto scialba. Nulla a che vedere col precedente lavoro del regista, The Loved Ones, unico nella sua crudeltà e altamente disturbante, ma purtroppo non altrettanto fortunato nella distribuzione nei cinema. Sean Byrne ci riprova, calca la mano e cerca l’elemento perturbante in un intreccio legato a doppio filo con le corde della chitarra elettrica, ma sacrifica l’orrore al dio del rock affidandosi più alla musica che alla penna. Un peccato per un film che fremeva per esplodere sullo schermo!