Incontro con Edgar Wright per Baby Driver

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Il regista britannico Edgar Wright, noto al grande pubblico per la brillante Trilogia del cornetto (L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, La fine del mondo), ha presentato a Roma il suo ultimo film Baby Driver – Il genio della fuga, la sua prima produzione americana, impreziosita dalla presenza di due premi Oscar nel cast, Kevin Spacey e Jamie Foxx, oltre al talentuoso protagonista Ansel Elgort, accompagnato da Lily James, Jon Hamm, Jon Bernthal ed Eiza Gonzalez.

Il protagonista del film, Baby, è un ladro gentiluomo, che si è trovato coinvolto quasi per caso con una una sanguinosa banda di criminali, che sfrutta il suo straordinario talento alla guida per fuggire dalla scena del crimine durante le rapine. Come molti dei personaggi del cinema di Wright, Baby è molto giovane ma, come dichiara il regista: “Durante il film non segue un percorso di crescita tradizionale che lo porta da una vita normale ad una da eroe, bensì il contrario, perché da abile criminale aspira alla normalità, e questo lo rende diverso da tutti gli altri”.

Uno dei tratti caratteristici di Baby Driver è senza dubbio la musica, che scandisce il ritmo di ogni scena del film in maniera così perfetta che non è chiaro se siano state scelte prima le canzoni e per poi costruire attorno il movimento o viceversa. “Un po’ entrambe le cose – chiarisce Wright – ma senza i brani giusti non sarei riuscito a sctivere. Magari avevo in mente una storia o una scena, ma prima di passare alla fase di scrittura avevo già scelto diversi brani. Alla fine della prima stesura avevo il 90% della colonna sonora già definito. Poi è venuto lo storyboard e la misurazione della durata delle scene, fino alle prove con cast e gli stuntmen, ma la musica venina suonata durante la lavorazione, non aggiunta in seguito, perchè gli attori potessero sentirla mentre giravano le scene”.

Uno dei tratti principali del cinema di Edgar Wright è una certa anrchia nella mescolanza dei generi, bilanciata da grande controllo creativo. Ma come si sposa questa tendenza con le esigenze degli studios? “Dopo cinque film ho finalmente trovato la mia strada. Questo è il mio primo con la Sony, mentre Scott Pilgrim e Hot Fuzz erano prodotti da Universal, quindi posso dire che a questo punto della mia carriera ho trovato un equilibrio tra elementi mainstream e gli elementi idiosincratici che caratterizzano i miei lavori precedenti. Secondo me il punto è cercare di attirare l’interesse del pubblico e poi stupirlo con elementi imprevisti. Scott Pilgrim per esempio è stato definito un cult da alcuni, mentre il grande pubblico è rimasto perplesso rispetto al film. Baby Driver invece ha alcuni elementi facilmente apprezzabili dal pubblico medio ed altri che amo di più e che si ritrovano negli altri film. È un po’ come il concetto del cavallo di Troia, cioè sfruttare la possibilità di esprimere idee fuori dal seminato, da cult, in un pacchetto più commerciale. Per me il trucco sta nel combinare insieme le due anime del film e con Baby Driver ci sono riuscito”.

La mescolanza dei generi caratterizza anche Baby Driver, che combina sapientemente commedia e azione su una solida impalcatura musicale, ma perché Wright ama giocare con generi diversi? “Il fatto che ci metta molto tempo a fare un film, perché per scrivere una buona sceneggiatura ci vogliono minimo tre anni, è forse il motivo per cui mi cimento con un genere diverso ogni volta – dichiara il regista – Lo faccio perchè ho la sensazione che abbiamo un tempo limitato nel quale esprimerci, quindi mi piace poter lavorare su generi diversi ogni volta. Tutti i film che ho fatto e i generi che ho esplorato li ho fatti per amore di quel genere e questo spero che sia evidente. Altrimenti non mi sarei cimentato con l’horror, il thriller, la fantascienza, o l’azione se non amassi questi generi. Mi piace immaginare di poter continuare a spaziare tra più generi diversi, mantenendo comunque un file rouge tra i miei film.

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