Mr Cobbler e la bottega magica, di Tom McCarthy

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Mr Cobbler e la bottega magica è una commedia frizzante che affronta anche temi toccanti come la depressione, l’Alzheimer, l’abbandono e la solitudine.

«Hai mai desiderato essere qualcun altro?».

Dev’essere partita proprio da questa domanda la stesura di The Cobbler [lett. Il calzolaio], di Tom McCarthy, l’attore-regista del momento, vincitore con Il caso spotlight dei premi Oscar 2016 per la sceneggiatura originale e, a sorpresa, per la categoria miglior film.

«L’idea è nata da una mia riflessione sul significato del modo di dire to walk a mile in another man’s shoes – racconta McCarthy – è tutto partito dal negozio di un calzolaio. Steve Carter, il nostro scenografo, ha sapientemente creato un ambiente che sembra davvero esistere da 150 anni. Mentre stavamo girando, diverse persone sono entrate nel negozio per lasciare delle scarpe da riparare; questo è un segno della verosimiglianza del set. Steve è riuscito a creare uno spazio che sembra ordinario ma al contempo magico». Tutto il film si basa proprio su questo sottile equilibrio tra il reale e il fantastico.

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Max Simkin [Adam Sandler] è un calzolaio che conduce una vita banale, priva di stimoli, che lo ha reso insoddisfatto di sé e pieno di rancore nei confronti del padre, fuggito chissà dove per chissà quale motivo. Intrappolato com’è in una vita che sente non appartenergli ma alla quale sembra stato predestinato, porta avanti controvoglia la piccola bottega di famiglia, situata da quattro generazioni nel Lower East Side di Manhattan, uno dei quartieri più vivaci e ricchi di storia di tutta New York. Rientrato a casa si occupa della madre in stadio avanzato di Alzheimer.

Un giorno, però, ecco la svolta che mai si sarebbe aspettato: la macchina per la cucitura delle suole si rompe, proprio quando deve terminare una riparazione importante per uno dei malviventi locali [Cliff “Method Man” Smith, principalmente cantante ma già attore per 8 mile e Fast and Furious]. Vista la situazione, Max è costretto a rispolverarne una ormai obsoleta ma ancora funzionante, conservata nello scantinato come cimelio di famiglia. Indossare le scarpe da lui riparate con quella macchina gli permette di assumere le sembianze dei vari clienti. La vita di Max si fa subito più interessante, piena di prospettive. Per lui, che sente di non aver mai avuto nemmeno una possibilità di successo, che non ha mai potuto essere qualcuno, ora si presenta l’occasione di essere qualcun altro.

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Tra i clienti da impersonare Max trova tutto un campionario di tipi originali, compatibili con la sua misura di piede (un diffusissimo 10 e ½), che sfrutta per mangiare a sbafo, “togliersi qualche sassolino dalla scarpa” e vivere quelle pirandelliane avventure che la sua condizione sociale gli aveva sempre negato. Uno, nessuno e centomila personaggi diversi ai quali la costumista, Melissa Toth [Se mi lasci ti cancello, Adventureland, Synecdoche, New York], ha dovuto studiare un look per Adam Sandler che potesse aiutare lo spettatore a non perdersi nei continui e repentini cambi d’identità del protagonista che sembra vivere una nuova giovinezza, alla scoperta di un mondo diverso attraverso gli occhi degli altri.

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Ma , come insegna da sempre Stan Lee, «da grandi poteri derivano grandi responsabilità» e il rischio, per Max, di perdere di vista la propria vita per vivere quella di altri è dietro l’angolo.

Tra segreti e bugie, sorprese più o meno imprevedibili e divertenti gag, il calzolaio dovrà mettersi nei panni degli altri per trovare se stesso e il suo destino.

Pur innestando qua e là qualche spunto di riflessione, Mr Cobbler e la bottega magica rimane una fiaba per tutta la famiglia, una commedia che intreccia sapientemente il reale con il fantastico, condita da una musica di commento piacevole e frizzante, costantemente presente ed estremamente avvolgente: si tratta del klezmer, un genere musicale di tradizione ebraica, che riesce ad esprimere appieno ogni sfumatura emozionale della storia e che, soprattutto, fornisce la giusta voce al Lower East Side, che assurge così a vero e proprio personaggio.

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Ellen Barkin [Nei panni di una bionda, Brooklyn’s finest] si presenta gagliarda e tosta nel suo ruolo di villain solo apparentemente fuori dagli schemi, ma quanto mai attuale: una donna boss aggressiva che non si lascia impietosire da nulla. Poi il fondamentale cammeo di Dustin Hoffman lascia il punto esclamativo su questa simpatica fiaba edificante con spiccate vette di comicità e qualche tono dark, a creare il giusto effetto di contrasto. Un contrasto che ritroviamo nella bella interpretazione di Adam Sandler che provvede a rendere visivamente il cambiamento interiore del personaggio a lui affidato. Curioso scoprire come il cognome Sandler in ebraico significhi proprio “cobbler, calzolaio”, il destino nel nome per citare una pellicola di successo di Mira Nair. Anche I nomi dei genitori del protagonisti non sono scelti a caso, Sarah e Abraham, fanno riferimento ai capostipiti della popolazione ebraica secondo la Bibbia. Menzione a parte per la spalla Steve Buscemi, all’undicesimo lungometraggio al fianco di Sandler, dodicesimo se si considera l’uscita nel dicembre 2015, su Netflix, di The Ridiculous 6, commedia diretta da Frank Coraci e scritta da Tim Herlihy e dallo stesso Adam Sandler, che gioca in casa con la sua Happy Madison Productions. Snobbato dalla critica, come spesso capita ai progetti del comico del Saturday Night Live e al suo team di fedeli amici, ha avuto un notevole successo di pubblico che apprezza la freschezza e la spensieratezza che questo genere di commedie lasciano nell’animo una volta spenta la tv o essere usciti dal cinema.

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Ai fan di Sandler farà piacere cogliere una citazione in particolare: quando Max torna a casa dal lavoro e apre il frigorifero per prendere qualcosa da bere, ha l’opzione birra o Yoohoo. Il riferimento è a Big Daddy – Un papà speciale.

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