Charlize Theron

Atomica bionda, di David Leitch

Il ghiaccio la avvolge, le cura le ferite e le indurisce l’anima. E non c’è elemento che potrebbe descrivere l’agente Lorraine Broughton (Charlize Theron) meglio del ghiaccio, levigato e trasparente come la sua pelle e gelido come il suo cuore. Quando Lorraine entra in scena nessuno riesce a resisterle o a sopravvive ai suoi colpi letali, è la migliore nel suo campo, ed è per questo che i Servizi Segreti di Sua Maestà l’hanno inviata a Berlino alla vigilia della caduta del muro. La sua missione è recuperare un prezioso dossier, e per farlo deve allearsi con  l’ufficiale governativo David Percival (James McAvoy) ma, giunta nella capitale tedesca, si trova invischiata in una rete di spionaggio senza precedenti che capovolge gli equilibri internazionali e mette a repentaglio la sua vita.

Tratto dalla graphic novel The Coldest City di Antony Johnston, Atomica Bionda trasforma l’inchiostro in sangue, colorando la grigia Berlino con luci al neon saturate al massimo e un’azione travolgente, così come la sua protagonista. Lorraine è irrefrenabile, e oscilla abilmente tra party sofisticati e baruffe all’ultimo sangue senza mai perdere neanche un grammo del suo fascino. Lei è il fulcro assoluto dell’azione, una luce talmente abbagliante da mettere in ombra tutto il resto, persino la trama vera e propria del film, che scorre silenziosamente dietro le quinte mentre Lorraine si esibisce nei suoi numeri migliori.

Ad accompagnare le sue imprese una colonna sonora straordinaria, che prende il meglio del rock anni ’80 e lo riversa dritto nel cuore nell’azione, in un connubio formidabile di colori e musica che ipnotizza lo spettatore, attirando tutta l’attenzione sul contorno più che sul contenuto del film. David Leitch punta tutto sulla messa in scena, e lo fa bene, visto che non solo riesce a ricreare l’ambientazione tedesca pre-unificazione nei minimi dettagli, ma anche a trovare la bellezza in luoghi impensabili, dai pub scalcinati della Berlino underground agli hotel di lusso del centro. Ma questo è tutto ciò che si limita a fare, affidando gran parte del lavoro all’atomica Charlize Theron, che riunisce in sé le due anime della città, lo spirito ribelle e il glamour più sfrenato.

Lei è l’unica in grado di trasformare un film di spionaggio come tanti nella nascita di un’eroina, disinvolta con i tacchi a spillo quanto con le arti marziali, ed è solo grazie al suo carisma che David Leitch riesce a portare a termine la sua missione, facendo esplodere la sexy spia di Antony Johnston sul grande schermo con una forza senza precedenti.

Kubo e la spada magica, di Travis Knight

Quarto lungometraggio per Laika Entertainment, con i suoi oltre 145.000 fotogrammi, Kubo e la spada magica è un capolavoro di animazione in stop-motion che insidia il primato di Alla ricerca di Dory nella classifica del miglior film di animazione dell’anno e non solo, potrebbe addirittura competere con le migliori pellicole dell’anno.

Perfetta la sceneggiatura di Marc Haimes [Collateral, Transformers] e Chris Butler [ParaNorman, La sposa cadavere, Coraline e la porta magica], basata sul formidabile soggetto di Shannon Tindle [Coraline e la porta magica, I Croods] e Marc Haimes: nucleo narrativo da romanzo di formazione, struttura che richiama il viaggio dell’eroe, innestando elementi desunti dalla cultura nipponica, come origami, bunraku, samurai, cerimonie antichissime al fascino della lanterna magica, l’origine del cinematografo.

«Non battere ciglio… da ora! Presta attenzione a tutto ciò che stai per vedere e ascoltare, per quanto strano possa sembrarvi. E vi avverto: se distoglierete lo sguardo, se vi distrarrete o se dimenticherete anche una sola parte della storia, il nostro eroe di sicuro perirà!».

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Nell’antico Giappone un ragazzo senza un occhio di nome Kubo si prende cura di sua madre in una grotta su una scogliera isolata e si guadagna da vivere raccontando storie agli abitanti del vicino villaggio costiero sfruttando il potere magico di famiglia che permette di animare gli origami come in uno spettacolo bunraku, accompagnato dal suono del suo fedele shamisen, uno strumento a tre corde. Protagonista delle sue storie è il leggendario guerriero Hanzo, suo padre, che morì per difendere lui e sua madre dall’ira del nonno Raiden. Da allora madre e figlio vivono celati dalla luce della luna per non essere trovati, ma una notte, nel tentativo di comunicare con lo spirito del padre durante l’obon, la tradizionale cerimonia delle lanterne, Kubo rimane fuori dal rifugio dopo il tramonto e le malvagie zie lo trovano e faranno di tutto per strappargli l’altro occhio. Intraprendere un viaggio alla ricerca dei tre pezzi dell’armatura del padre è l’unica soluzione per salvare se stesso e la propria famiglia. Fortunatamente con lui ci sono Scimmia e Scarabeo, due insoliti aiutanti per una “quest” che va ben oltre gli oggetti in sé: la spada indistruttibile, la corazza impenetrabile e l’elmo invulnerabile sono solo una piccola parte dei segreti che Kubo dovrà scoprire.

«Sicuro non sia la spada “introvabile”?».

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Gli elementi dell’epopea avventura e della leggenda popolare si mescolano ai sentimenti che sono l’energia vitale della trama, della storia che in questo film è, a maggior ragione, l’equivalente stesso della vita. Scheletri giganti, occhi scrutanti, malvagi mascherati dovranno vedersela con la loro nemesi per antonomasia: l’amore indistruttibile, impenetrabile, invulnerabile.

«I ricordi hanno un grande potere».

La voce di Kubo, nella versione originale [Kubo and the two strings], è di Art Parkinson, che ha interpretato Ingeras, l’amato figlio di Dracula Untold, mentre a doppiare gli altri personaggi sono le star Matthew McConaughey, alla sua prima volta, Charlize Theron, Rooney Mara [Carol, Prometheus] e Ralph Fiennes [Spectre, A bigger splash]. A cotante stelle corrispondono fortunatamente grandi nomi italiani, molto esperti nel doppiaggio di film di animazione, Neri Marcorè, Domitilla D’Amico, Chiara Colizzi, Stefano Benassi, a sostegno della voce italiana di Kubo, Giulio Bartolomei.

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Kubo e la spada magica segna il debutto alla regia per Travis Knight, che non è il fratello di Michael Knight, il pilota della Supercar K.I.T.T., anche se la macchina meravigliosa che ha tirato su è altrettanto super e in quanto a fama non scherza neanche lui: ex rapper, con lo pseudonimo Chilly Tee, è da qualche anno il presidente e CEO della Laika Entertainment, nata dalle ceneri dei Will Vinton Studios, realizzatori di animazioni in claymation che hanno fatto la storia degli anni ‘80 e ’90: i cortometraggi The Creation e The Great Cognito, nominate agli Oscar rispettivamente nel 1981 e nel 1982; le animazioni di Nel fantastico mondo di Oz, sfortunato seguito de Il mago di OzSpeed demon, una delle sequenze animate di Moonwalker, e alcune trovate pubblicitarie tanto seguite da raggiungere una seppur minima serializzazione televisiva, come The California Raisin Show, da noi erroneamente intitolato Le prugne della California, ma i più famosi al momento sono i testimonial animati della MM’s, attualmente in uso.

Travis, muove i suoi primi “passo uno” come animatore proprio presso i Vinton Studios e, quando la società inizia ad aver bisogno di fondi esterni, Phil Knight, padre di Travis, nonché presidente e cofondatore della Nike, s’inserisce come azionista di maggioranza nel 2002 e in pochi anni, nel  2005, viene fondata la Laika con un supervisore d’eccezione, Henry Selick (The nightmare before Christmas, Coraline e la porta magica).

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Da allora la casa di produzione di Portland, patria di un’altra gemma come I Simpson, ha inanellato una serie di successi che, per chi conosce il lavoro maniacale che c’è dietro questo genere di animazione, sono vere e proprie opere d’arte: da La sposa cadavere a Kubo, passando per BoxTrolls, ParaNorman e il citatissimo Coraline, quest’ultimo battuto di un minuto nel primato di stop-motion movie più lungo al mondo.

«Tutte le storie hanno una fine».

Ad impreziosire un prodotto già di per sé fantastico, è stupendo poter evidenziare, per stima prima che per campanilismo, le musiche originali, studiate nel dettaglio, del pisano Dario Marianelli, premio Oscar® 2008 per Espiazione e compositore anche di BoxTrolls, Il solista, Everest, V per vendetta, Anna Karenina, Il pescatore di sogni, Agora, Jane Eyre, Orgoglio e pregiudizio, Quartet, Stanno tutti bene, Mangia prega ama, solo per citare le colonne sonore di maggior successo.

End credits da applausi con una While my guitar gently weeps di George Harrison, in una nuova versione cantata da Regina Spektor, e qualche chicca imperdibile, perciò non alzatevi immediatamente dalle poltrone, le vostre quest quotidiane possono attendere qualche altro minuto per godere fino alla fine di questo prezioso gioiello d’animazione che è Kubo e la spada magica.

«You are my quest».

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